giovedì 28 giugno 2012

PER SYLVIA.

Se dovessi rinascere altre cento volte vorrei essere sempre e comunque gay non per i party più divertenti, né per il senso innato del gusto (mah...) o per la sensibilità più acuta (si, vabbé) ma perché mi ha dato la possibilità di vedere e vivere il mondo da una prospettiva differente ma che è la stessa di tutti coloro che fanno tesoro della loro "diversità". E per ogni Bolle, Dalla e Malgioglio ho conosciuto mille gay più coraggiosi di loro che hanno lottato perché si potesse essere liberamente omosessuali e orgogliosi di esserlo. A partire da Sylvia Rivera, la drag queen che nella notte del '68, nel Village di una NY omofoba, ebbe il coraggio di ribellarsi dando il via all'emancipazione dei gay in tutto il mondo e alla quale dedico questo post, oggi, 28 giugno, anniversario del Gay Pride.

venerdì 22 giugno 2012

PERCHE' (SE MAI SEGUISSI IL CALCIO) NON TIFEREI MAI LA GRECIA CONTRO LA GERMANIA.




Questa sera si giocherà agli europei Grecia-Germania. Un incontro che l’ironia della sorte non poteva congegnare meglio. Subito sono apparsi post e articoli carichi di simbolismi e retorica, come se il giovane Davide stesse scendendo in campo contro il perfido Golia e come se su questa distesa d’erba si potesse riscattare l’umiliazione subita tra i banchi levigati del parlamento europeo. Ma vi posso dire, a costo di sembrare cinico, che invece io per la Grecia non provo particolare solidarietà? Certo, nessun popolo dovrebbe soffrire gli effetti di una crisi economica come la loro e sappiamo bene quanto questa umili la dignità delle persone e la spinga sul baratro della disperazione (del resto noi non siamo messi tanto meglio) ma voler leggere nella partita uno scontro tra tra culture, mi sembra poco appropriato se non addirittura iniquo. Parliamo di una nazione, la Grecia, dove la corruzione endemica rende i nostri politici corrotti poco più che ladri di galline. Una popolazione che non ha mai dissentito e protestato (se non ora che è arrivata con l'Egeo alla gola) perché connivente con uno stato di clientelismo profondamente corrotto. E perché dovremmo allora invece sostenerli contro una nazione integerrima e coraggiosa, che ha saputo risorgere dalle polveri (altro che ceneri) della guerra, che ha avuto la volontà di riunirsi insieme a quell'altra Germania che veniva da una dittatura fatta di razionamento dei bene e dall'economia inesistente diventando una, potente e solidale? Ogni nazione può diventare nemesi di se stessa ed è assai più semplice ricacciare sempre negli altri la ragione della propria rovina. La Germania in tutto questo purtroppo rischia di pagare l'invidia che i determinati suscitano negli inetti, di chi vorrebbe ma non può (o non vuole) e preferisce dimostrare solidarietà con i mediocri per giustificare così anche la propria scarsa volontà. Certo le scelte del governo tedesco sono discutibili ma non più dei tentennamenti, dei bluff e dei magheggi da bisca che quello greco ha fatto e sta facendo, da anni, promettendo soluzioni a tutt'oggi ancora inesistenti avendo portato lui, e non certo la comunità europea, a una totale prostrazione economica e sociale. No, io non tiferò Grecia, anzi non mi schiererò proprio con nessuno. Il calcio è un gioco che, è vero, a volte ha il potere di esaltare lo spirito di una nazionale ma quando questo esiste ed è fiero del proprio valore a prescindere e credo che la Grecia (come anche l'Italia) dovrebbe ripartire da ben altri impulsi per recuperare dignità.

giovedì 21 giugno 2012

SCIENZA, FARO DELL'UMANITA'.

Qualche tempo fa ho letto uno i quegli articoli pseudoscentifici, riempitivi di rotocalchi, attendibili come  i numeri da giocare al Lotto dati in televisione da Mamma Orsola. Questo affermava che da coppie belle nascono più femmine che maschi. il motivo? La femmina attraente per eredità genetica richiama più maschi e, in un'ottica evoluzionistica, assicura maggiormente la sopravvivenza della specie. Basterebbe fare un giro sulle passerelle e i red carper di mezzo mondo per vedere quanta voglia abbiano di fare i figli le veneri-vip per le quali la gravidanza è poco meno che un morbo canceroso e deturpante per la loro linea (la Kidman ha fatto figliare un'altra donna al posto suo pur di non perdere la taglia -1) per capire che se così fosse il mondo sarebbe popolato solo dagli Urukai del Signore degli anelli.
A riprova della infondatezza della teoria stavo vendendo le foto di Cher accanto alla madre.
Ora, dire che Cher si mantenga bene è un dato di fatto, che poi lo faccia barando un po' è altrettanto risaputo ma alla fine è il risultato quello che conta e non stiamo certo a un esame di stato.
A questo punto però della catena evolutiva però accade l'inatteso:
Chastity Bono, ora riconvertito a Chaz.
Insomma un'anomalia genetica che farebbe passare il sonno a Darwin più delle code di pavone per le quali non si dava una spiegazione.
Il punto quindi adesso è questo: dobbiamo dare la colpa alla buon anima di Sonny Bono (in effetti non certo un adone) per aver rotto la catena eugenetica o più semplicemente sarebbe il caso che gli scienziati si spicciassero a cercare la cura dell'AIDS o anche solo della cuperose dermica?

mercoledì 20 giugno 2012

PRIDE: VOGLIAMO TUTTO (?)





Sabato pomeriggio a Roma si svolgerà il corteo del Gay Pride. Ho scelto la parola "corteo" invece che "sfilata" perché ha un suono vagamente più impegnato che contrasta l'idea che hanno molti, omo o etero cambia poco, i quali, con superficialità, bollano la manifestazione come una semplice carnevalata da sambodromo carioca. Senza assumere i toni apocalittici da vegliardo della cripta devo però ammettere con amarezza che c'è ben poco, anche quest'anno, da celebrare. Semmai molte cose sono invece ancora da rivendicare sebbene in questo gioco chi dovrebbe lanciare la sfida (in primis le associazioni ma poi tutti noi) e chi dovrebbe riceverla (le istituzioni) sembrano asfittici da un lato e distratti dall'altro. 

Ad ogni modo, trovo formidabile lo slogan di quest'anno: "Vogliamo tutto". E sarebbe ora di smettere di accontentarci, di mediare, di presentarci ai nostri referenti col cappello in mano come se quel che ci spetta non fossero diritti ma pietose concessione. 

Che sia questa l'occasione giusta da cui ripartire lungo la strada della parità? 

Voi come la pensate? 


martedì 19 giugno 2012

Cercasi Kunta Kinte.



È probabile che a forza di vendere mutande uno poi sviluppi la faccia come il sedere ma stamattina leggere affisso in vetrina l’offerta di un posto da stagista in un negozio di intimo m’ha suscitato uno stati di estraniazione.
Da qui mi sono chiesto: quanti punti si possano ottenere a seguito di uno stage qualificato da un vendimutande nei concorsi pubblici? Ad ogni modo mi pare che i proprietari del negozio abbiano recepito l'invito della ministro Fornero a non usare lo stato di stagista solo per avere manodopera sottopagata se non a costi zero. A questo punto più dignitoso e onesto scrivere: “cercasi schiavo”. 

lunedì 18 giugno 2012

QUEL CHE MI RIPORTO DA NEW YORK


Sono appena tornato da New York e ho vissuto le ultime 48 ore come un bruco: dormendo ininterrottamente e facendo solo brevi e caloriche pause cibo. Ho sempre trovato questa storia del jet lag una boiata da provinciali: per 3 giorni a Londra alcuni accusando stati di disorientamento come se fossero atterrati da una missione pluriennale sulla MIR ma devo ammettere che stavolta il fuso (con l’aggravante della stanchezza e l’età) ha creato le condizioni ideali per precipitarmi in uno stato comatoide dal quale mi sto riprendendo con tanta con fatica.
Prima però di sprofondare nella cripta, venerdì pomeriggio, con l’ultima stilla di forze, ho disfatto la valigia, ho separato i panni puliti da quelli sporchi, ho sistemato le scarpe, ripiegato le sacche, ammucchiato i regalini per amici e parenti e alla fine ho svuotato la borsa di pelle che in viaggio porto sempre con me (detesto usarla perché mi sembra una cosa da donne che devono portarsi casa appresso, io sono un tipo da tasche ma in viaggio, tra guide, macchine fotografiche e bottigliette d’acqua diventa una necessità). Portarsene una appresso durante un viaggio è come trascinare un rastrello. Mentre la svuoto ritrovo scontrini di ristoranti, astucci vuoti di gomme, biglietti di metro e teatro, una vecchia copia di Time Out e tutte queste cianfrusaglie, anche le più insignificanti, hanno però la balsamica proprietà mnemonica di una madeleine.
Mi capita così tra le mani anche una rivista spiegazzata che non ricordavo neppure di aver preso. Poche pagine spillate in carta riciclata e dai colori sono un po’ fuori registro. L’ho presa in un negozio di giocattoli a Brooklin mentre cercavo un regalo per il figlio di miei amici. All’ingresso ce n’era una pila. In copertina il ritratto sorridente di una coppia lesbica con i loro bambini. Fa strano per uno che come me viene da un paese che ha appena scoperto il fuoco leggere di gruppi di auto aiuto per famiglie gay, di terapeuti per affrontare l’omogenitorialità (del resto questo è il paese dove ogni problema ha una soluzione e un esperto che ti aiuta ad affrontarlo) e pubblicità di istituti dove figli di coppie etreo e di coppie omo possono convivere trovando nella diversità un valore da condividere più che un mostro da combattere.
Sfogliarlo è come leggere Voyager, la rivista dei misteri: racconta di mondi di cui hai sentito parlare ma che credevi fossero frutto di fantasia e alla fine scopri che questa realtà esiste davvero e che non è scaturita di una dominazione aliena né tantomeno si è estinta dopo l’eruzione di un vulcano ma è a 8 ore di volo  da noi (senza scalo, ovviamente, non come me che ne ho impiegate 14 mila).
Per le strade di Manhattan era tutto un passeggiare di coppie gay con i loro bambini (bastava riscontrare le loro somiglianza somatiche per capire che non si trattava di babysitter o pedofili) che, con buona pace dei Buttiglione e Bindi non erano in preda a turbe psichiche, non avevano in nuce il germe della schizofrenia né erano in nulla differenti dagli atri bambini accompagnati da genitori etero.
Insomma, si dice che il grado di benessere di un paese sia dato dalla voglia di fare figli e dalla capacità di mettere i propri abitanti nelle condizioni di averne. E qui è possibile. Nonostante abbia un debole per gli Stati Uniti non voglio certo dire che sia la terra promessa e, di fatto, cose del genere puoi vederle in più paesi che in quanti questo non sia possibile ma l’amarezza che provo è dovuta dal sentirmi purtroppo dalla parte sbagliata del confine.
Ecco allora, più che l’adolescenziale invasamento da shopping (ma tanto che ti devi comprare in America che non trovi a Roma Est?), più che l’overdose da caffeina negli Starbucks, le foto davanti all’Empire e i boni riversati per strada come tonni scaricati sulla plancia di un peschereccio, è questa l’immagine bella che mi riporto da questa vacanza e con questa una conferma: sapere che un altro modo di vivere è possibile avendo così alla fine (lo so, magra consolazione) la conferma che non siamo certo “noi” quelli sbagliati a questo mondo.