venerdì 29 maggio 2009

ADORO I MIEI AMMIRATORI!























L'altro giorno alla presentazione di Firenze oltre ad esser stato accolto da un DJ set con proiezioni dei video di Linsei Loan (quella vera e pure un po' più zoccola e che ho scoperto nessuno conosce) sono stato omaggiato di questo disegno da, passatemi il colpo di divismo, un ammiratore. sono rimasto piacevolmente spiazzato e siccome sono un autore serio e maturo, ho iniziato a saltare come una liceale dei Parioli alla quale i genitori hanno regalato un nuovo paio di tette al silicone.
Non trovate sia adorabile? Certo, un po' più smilzo mi poteva ritrarre...
Tu sai chi, grazie mille!!
INSY

LE MEILING LIST DEL MIO EX MIGLIOR AMICO PER LA PELLE.





















Credo di avere la sindrome del carcerato perché ogni volta che vedo un “1” comparire sulla casella della posta di FeisBuc sono certo di provare la stessa emozione di un degli ospiti di Regina Celi quando sente il secondino gridare: “Postaaaa!!”.
Mi scapicollo quindi a cliccare, che ne puoi sapere, al di là del piacere di ricevere una missiva da qualche amico, potrebbe sempre essere un dirigente della Drimuorcs che vuole acquistare i diritti cinematografici del mio libro chiedendomi se nella mia parte ci vedo meglio Zac Efron o Cris Evans. Invece è l’ennesimo inutile invito al brunc/aperitivo/parti/corsa dei sacchi ghei.
Se c’è un modulo da firmare per essere escluso da questa lista infernale, vi prego ditemelo.
Io in linea di massima poi ci andrei pure se l’organizzatore non fosse di un opportunismo imbarazzante.
Che si cerchi di essere un po’ ruffiani per portare pubblico ai propri eventi è una cosa comprensibile ma che il giorno dopo aver cominciato la sua avventura di promoter, alcuni mesi fa, mi si rivolgesse con il calore di chi lo ha salvato trascinandolo fuori da un burrone durante una spedizione sui ghiacciai dell’Imalaia, mi sembra eccessivo. Tanto più che in vent’anni che lo conosco, non più che di vista, ci hanno presentati almeno 12 volte e non si è mai sognato di risalutarmi quando lo incrociavo per locali.
Fatto sta che avendo categoricamente disertato tutti i suoi eppening, ho assistito ad uno strabiliante climacs decrescente e la profusione dei suoi saluti hanno avuto più o meno una progressione del tipo: “non sei venuto all’inaugurazione! Io ci tenevo! Dai vieni alla prossima, ci conto!”,
“dai alla prossima vieni”,
saluto con un cenno del capo da lontano,
assenza totale del saluto nonostante un mio cenno di cortesia,
girarsi dall’altra parte e scatarro a terra quando mi incrociava.
L’apoteosi è stata poi in palestra. Negli spogliatoi io lo guardo sorridendo e lui mi risponde con l’espressione confusa ed incerta di chi da dietro un vetro oscurato deve fare il riconoscimento all’americana di un assassino.
Parlandone con altri flagellati dalla stessa mailing list, molti dei quali disertori come me, abbiamo scoperto che tutti abbiamo più o meno avuto la stessa storia: da ignorati cronici a migliori amici per la vita a, di nuovo, paria. E tutti abbiamo confermato la nostra idea: piuttosto che andare ai sui aperitivi preferiamo mangiarci un pugno di sale e mandarlo giù con una borraccia d'aceto.

lunedì 25 maggio 2009

PRAID E PROCESSIONI






















Non mi risulta sempre facilissimo capire quanto una situazione sia grave o degna d’attenzione fino a quando non vedo le reazioni delle istituzioni, dei media o delle altre persone intorno a me.
Quindi non coprendo se la negazione da parte delle autorità di concedere Piazza San Giovanni come meta finale della parata del ghei praid sia un caso realmente grave o è un travisamento dovuto ad una mia naturale tendenza al tragico. Probabilmente è quest’ultima dato che non sono a conoscenza di nessuna reazioni che superi la barriera del sussurro sia da parte dei partiti dell’opposizione (quelli che in teoria hanno ragione d’esistere affinché la società sia uguale per tutti), che da parte delle associazioni ghei.
Ora, capisco che il mistero delle cene di Berlusconi insieme a Noemi a Palazzo Grazioli sia un caso che nell’agenda dei politici di centro sinistra abbia maggior risalto ma cinque minuti, anche in pausa caffè, sarebbe possibile dedicarli anche a questo che potrebbe essere un sopruso alla libertà?
In due parole l’antefatto.
Il 12 giugno dovrebbe esserci il solito controverso ghei pride che, come già altre volte, dovrebbe terminare nella piazza antistante la basilica di San Giovanni. È tutto un forse e un dovrebbe perché, a quanto pare, quel giorno si svolge nei paraggi della piazza una processione dedicata a Sant’ Unoqualsiasi.
Io non so se perché temono che i partecipanti dell’una possano confondersi o mischiarsi con quella dell’altra, insomma fatto sta che per questo, l’autorizzazione non è stata data. Non ho trovato molte altre informazioni a riguardo ma a meno che non si tratti di un gruppo di fanatici religiosi disposti ad espiare le loro colpe sottoponendosi ad una marcia forzata sotto la canicola che incoccia alle 5 del pomeriggio a Roma (cosa che invece noi omosessuali, naturalmente attratti da forme acute di masochismo, possiamo sopportare), trovo improbabile che gli orari coincidano mentre non occorre avere molte nozioni di politologia, semmai solo una di base di aritmetica, per fare uno più uno dove gli addendi sono: Alemanno al Campidoglio più l’adunata davanti ad una basilica. A questo basta poi sottrarre l’opposizione e la causa del rifiuto risulta chiarissima.
Anticipo chi, ricchione o non, è tentato di tirare fuori la solita storia del rispetto reciproco: il praid già altre volte è terminato a piazza San Giovanni e non è mai capitato che nessuno disegnasse con il rossetto un 666 sul portate della chiesa né che alcun Dio scagliasse saette iraconde contro i partecipanti, non capisco quindi quale sia il problema. Tanto più che mi si deve spiegare perché il primo maggio centinaia di migliaia di ragazzi invasati e ubriachi di birra già dalle 4 del pomeriggio che fanno scempio della piazza durante il concerto va bene e noi invece vediamo limitata la nostra libertà di manifestare in quella che è un’area di proprietà dello Stato Italiano a causa di una manifestazione religiosa composta da 3 suore, 2 chierichetti e un prete col megafono che strilla “Mea culpa” ad ogni passo. Considerando poi che a Roma da aprile ad ottobre è tutta una processione e ci sono più chiese che sanpietrini, noi l’approdo del praid dove dovremmo farlo? Nel tavoliere delle puglie?
Quindi io chiedo in primis alle associazioni ghei e poi all’opposizione: quanto ancora dobbiamo sopportare prima di ribellarci e scendere in piazza con un sit in, una manifestazione di protesta o una presa della Bastiglia? È possibile che tutto debba passarci sopra senza che da parte nostra si abbia la minia reazione di sdegno? Capisco la diplomazia, ma finora, l’essere stati sempre accomodanti ci ha portato qualcosa? Ci ha dato leggi anti omofobia? Riconoscimenti delle unioni omosessuali? Per favore qualcuno mi faccia capire perché mi pare che dagli anni ’50 ad oggi, a parte qualche discoteca in più, non è che abbia visto grossissimi progressi sul versante dei diritti (scusate la frivolezza ma ci tengo a precisare che il riferimento agli anni ’50 è una pura forma retorica, io sono nato molti decenni dopo).

NUOVE TAPPE


Alla fine di questa turné la mia vita si autodistruggerà. Non è il titolo del mio secondo libro (dopo che Vladimir Luxuria ha pubblicato il suo libro di fiabe, mi si è preclusa l’unica idea che avevo in testa per una futura pubblicazione) ma l’invito alle prossime date.

Doppietta:
FIRENZE,
Martedì 26 maggio alle 21.00
presso la sede di Azione Gay e Lesbica, Via Pisana 32/34r a.
comodo come dopocena o preserata. Fate voi.

NAPOLI,
mercoledì 27 alle 16
Presso l’Università di Napoli “L’Orientale”, aula delle Mura Greche, Palazzo Corigliano. Sarà un camp Tolc Sciò dedicato “alle scritture in acquario ghei”. Oltre a me, anche altri autori omosessuali quindi già immagino finisca a dita negli occhi.

Che dire, ci si vede da quelle parti.
INSY

venerdì 22 maggio 2009

CARO INSY TI SCRIVO...






















La lettera di oggi mi arriva da un giovane del nord est, terra prodiga di alacri lavoratori e ricchioni (dopo aver letto le prime tre parole della sua missiva capirete facilmente a che categoria appartenga).
Il nostro amico, che preferisce celarsi nell’anonimato ma che noi chiameremo con un nome di fantasia: Dario F., condivide la sua ansia per quello che in questi giorni sembra essere il dubbio che attanaglia molti italiani: chi, dopo la Ventura, sarà il prossimo giurato ad X Factor?
Ma non voglio dire oltre e vi lascio ai timori del signor Dario.


Sono sempre stato un fan sfegatato di x factor, di quelli che investono anche l’euro per buttare fuori un cantante piuttosto che votarne il preferito. È un bel programma e sicuramente parte del sucesso è dovuto al trio, il bello il brutto e il cattivo, che presiede la giuria. Lascio a ciascuno scegliere chi è l’uno e chi l’altra.
Ho appreso con un po’ di sgomento quindi, la volontà della Ventura di abbandonare il carrozzone “per motivi personali”. Certo che, da una che usa la telecamere come metadone per liberarsi da ben altre dipendenze, questa sembra un’ affermazione un po’ azzardata, ma diamo a tutti la possibilità di cambiare. Se lo fa Capezzone….
Ciò che veramente mi spaventa è: chi prenderà il suo posto?
Ci vuole un volto televisivo che rappresenti, a fianco alla competenza commerciale della Maionchi e quella artistica di Morgan, il lato più becero dell’ignoranza popolare.
Io dico subito che ci vedrei bene la De Filippi, in fin dei conti mediast le va un po’ stretto e una capatina settimanale in rai secondo me già se la fa, quindi tanto vale che ci vada pure in onda.
Mi piacerebbe anche Maurizia Paradiso. Vladimir Luxuria ha ormai sdoganato l’ambiguità sessuale in prime time e all’eventuale eliminazione di un suo cantante potrebbe riproporre il siparietto dello svenimento, che è sempre un bel vedere.
Alfonso Signorini non sfigurerebbe, anche se con tutte quello che fa correrebbe il rischio di far confusione e si metterebbe ad eliminare la Toffanin a Verissimo e pubblicare della foto del premier al compleanno di Daniele Magro.
Eviterei anche sostituti banali come: il chiuaua di Paris Hilton –che ha la stessa aggressività della Ventura solo con denti meno affilati -, una camera d’aria - che tanto è gonfia uguale - oppure Barbara d’Urso - che dove la metti sta, un po’ come le statuine bianche segnatempo che fanno tanto pesca di beneficenza alla sagra “dei bisi” a Peseggia di Scorzè (VE).
Non nego quindi la mia apprensione nel trovare un sostituto all’altezza della Ventura, anche perché mancando lei, chi lo presenta quel programma?

Caro Dario, da fonti attendibili so che esiste già una lista di probabili candidate tra le quali Valdimir Luxuria, in ballottaggio anche per il ruolo di Camerlengo per le, speriamo, imminenti elezioni del nuovo Pontefice, Ambra (giustamente non ne capiva una mazza di musica la Ventura quindi, perché cambiare?), Lorella Cuccarini che non so se potrà però lasciare la conduzione di “Vuoi ballare con me?”, programma seguitissimo in tutte le province dell’Albania. Alcuni in Rai propongono l’incontenibile personalità Lucilla Agosti, grazie alla quale persino DJ Francesco risulterebbe averne una e, per finire, Antonella Clerici, ma a questo punto saremmo da capo a dodici dovendo poi trovare una sostituta per la Prova del cuoco e ci incarteremmo in un infinito gioco delle candidature.

mercoledì 20 maggio 2009

PRESENTAZIONE SOTTO LE TORRI DI BOLOGNA.


Carissime, carissimi
voi che vivete a Bologna, o anche a Caltanissetta se con una forte passione per i viaggi, vi annuncio che domani, giovedì 21 maggio, alle 18,30, presento il mio libro (vedi foto, il titolo è troppo lungo per scriverlo) presso la libreria IGOR, via San Petronio Vecchio, 3. Oltre alle solite chiacchiere sulla strabiliante opera di un disoccupato, illustrerò come preparare gli agnolotti alla carbonara, esempio di cucina fuscion romano-bolognese. A seguire, degustazione del piatto e anteprima del programma di clavette che sto preparando per Londra 2012.
INSY

martedì 19 maggio 2009

GIULIA CI DICE DI ESSERE OTTIMISTI




Avete mai pensato quanto possa rodere il culo a Paperino vedersi dare due colpetti sulla spalla da Peperone quando lo incita a darsi da fare per risolvere i suoi problemi?
Ultimante mi è capitato di vedere la nuova campagna pubblicitaria di Coca Cola e ogni volta che accidentalmente la incrocio, se non mi affretto a cambiare canale entro 5 secondi sento la bile salirmi su irrefrenabile più dei rutti in gradi di generare la bevanda di Atlanta.
Nel cartone animato Giulia, una stronza di 9 anni che sospetto essere nipote di Tremonti, vuole dire a noi come reagire alla crisi economica guardando al mondo con occhi positivi e pieni di fiducia, consigliandoci di fare come lei che prende la bici invece di una super macchina, che va in vacanza dalla nonna anziché in un resort, che mangia pizza invece del susci e cena a casa invece di andare a cene di gala. Come se tutti noi invece, funestati davvero da questo tempo di crisi, andassimo a banchettare alla Pergola dei Cavalieri Ilton e avessimo appena prenotato le vacanze a Dubai.
Sentir dire poi da questa ragazzina che “tutti parlano di crisi ma lei è ottimista” è tanto più offensivo quanto più a metterle le parole in bocca è Coca Cola, un iper mega super multinazionale che detiene il cartello dei soft drinc e che non si è mai fatta scrupolo di licenziare miglia di oprerai per ridurre i costi o sottopagarne altre migliaia nei paesi più depressi della terra. E io dovrei sentirmi esortato a pensare che il cielo è blu sopra le nuvole?
Io sono il primo a credere che l’ottimismo sia una spinta necessaria per cercare di tirare avanti in questo periodo che, diciamocelo senza cercare facili esorcismi, è davvero nero ma la semplicioneria con cui viene affrontato dallo spot della Coca Cola è altrettanto banale e qualunquista quanto le lamentele sui prezzi che salgono al mercato delle vecchie in fila alla posta. Occorre lucidità e temperamento per non cedere alla depressione ma non è certo sentendosi fare coraggio da chi i soldi ne ha, e moltissimi, che la mia prospettiva migliorerà.

lunedì 18 maggio 2009

IL POTERE DELLA CARNE





















Dopo dieci anni di carriera in pubblicità dovrei saper riconoscere abbastanza bene i trabocchetti della comunicazione, quegli specchietti per le allodole che vengono disseminati qua e là per attrarre un pubblico ingenuo e facile alla seduzione. Eppure, nonostante fossi fino a poco fa io stesso uno che quelle trappole le tendeva, mi sono reso conto di essere il primo a caderci in continuazione altrimenti non si spiegherebbe la mia passione per Tru Blod, il nuovo telefilm trasmesso su Focs.
Se inizialmente ad attrarmi era la sceneggiatura che racconta la vita dei vampiri finalmente usciti allo scoperto grazie alla sintetizzazione di un sangue artificiale che non li costringesse più a banchettare a base di aorte umane, avrei smesso di vederlo dopo venti minuti per un eccesso di noia, scenografie da recita scolastica e trama piuttosto inconsistente se non fosse entrato in campo una trappola mortale per i miei occhi di nome Raian Quentin. Credo che i produttori, dopo aver fatto due conti, vedendo che la serie avrebbe avuto un bagget piuttosto misero, abbiano deciso di ricorrere all’arma segreta: il bono stratosferico (che essendo anche semi sconosciuto gli sarebbe costato quanto un Eppi Mil di Mec Donald). Oltretutto, da contratto il giovane Raian, che ha in tiro anche muscoli delle corde vocali, è costretto ad alternare scene in cui e seminudo ad altre in cui lo è del tutto.
Cari amici, che dire, il sesso, o meglio, la carne continua a vendere altrimenti non si spiegherebbero i picchi di vendita di riviste come Panorama che quando mettono 2 tette in copertina vendono migliaia di copie in più anche se lo strillo dice: "Inchiesta: Rosi Bindi ci spiega perché la Bucanville è la sua pianta preferita".

Mi duole riconoscerlo ma ormai sono così pateticamente succube della bellezza di questo attore che la puntata passata l’ho addirittura registrata. Avendola vista nella prima messa in onda (per fortuna Focs le replica tre volte a settimana) ho deciso di immortalare la successiva solo per una sequenza, a mio avviso geniale e perversa, in cui Raian, ricattato dal ghei della serie, che oltre ad essere nero è anche uno spacciatore, viene costretto a fare un balletto in mutande e con una maschera sul viso mentre l’aguzzino lo riprende con una videocamera per il suo piacere e soprattutto per il mio. E per fortuna i dvd hanno il pregio di non usurarsi anche ripassando centinaia di volte sulla stessa sequenza come succedeva ai vecchi VHS.

giovedì 14 maggio 2009

PRIMI MANCAMENTI.


La prima volta fu per lo stress. E mi colse davvero di sorpresa perché fino ad allora, non mi era mai capitato di svenire.
Eravamo partiti praticamente all’alba. Avevo preso la Croma di mio padre. Una delle 30 ancora in circolazione. La destinazione era Napoli per partecipare al ghei praid nazionale. Contemporaneamente era anche il primo viaggio con quello che sarebbe poi stato il mio fidanzato per circa sette anni. All’epoca molte delle sue idiosincrasie come ad esempio dimenticarsi completamente delle persone un quarto d’ora averle salutate, mi erano ancora oscure (iniziai ad averne le prime avvisaglie la settima successiva quando, rincontrando Edo, un amico che aveva fatto in macchina con noi il viaggio d’andata, il corteo e il viaggio di ritorno per un tempo complessivo di giorni 2, andò verso di lui tendendo la mano e presentandosi).
Io non ho mai amato particolarmente la guida in autostrada e quella specie di trattore non era quel che definiresti un mezzo scattante e maneggevole tanto più se si considera un’incrinatura dell’avantreno causato dal mio schianto contro un gardreil l’estate precedente e mai riparata dato che mio padre aveva preferito imparare a convivere con la conseguente tendenza dello sterzo ad andare a sinistra piuttosto che portare l’auto ad aggiustare. Sarebbe costato troppo.
In macchina eravamo in 5 e a parte Roberto che in 30 anni di vita non aveva mai avuto tempo di prendere la patente, nessuno degli altri si sentì in dovere di chiedermi se volessi un cambio il che si tradusse in 4 ore di guida, al netto delle soste.
In quel periodo avevo l’obbi dell’anoressia, mi ero quindi imposto un bagget di millecento calorie, a settimana, e almeno 2 ore di aerobica al giorno. Il tutto mi aveva permesso in breve tempo di ottenere quell’aspetto che una madre preoccupata e medici attenti avrebbero definito: emaciato, aggettivo che allora suonava alle mie orecchie come uno sprone a perseverare. Quindi durante le soste, mentre gli altri si strafogavano di cornetti, cappuccini e buste di tarallini, io mi limitavo a seguire una dieta a base di acqua ed aspartame.
Come molto sapranno il praid si svolge verso giugno.
Come è altresì noto, più si va a sud, più le temperature si fanno alte. A Napoli in quei giorni faceva ben più di quello che comunemente potremmo definire “caldo” e mio padre avendo sempre associato il concetto di opscional all’impennarsi del prezzo d’acquisto della medesima, aveva evitato accuratamente di far montare aria condizionata e stereo. Quest’ultimo lusso, venne egregiamente sostituito durante il viaggio da Edo, che per tutto il tempo ci aveva deliziato con una personale riedizione dei pezzi migliori di San Remo, dai tempi della prima edizione con Nilla Pizzi.
Arrivati a Napoli mi era chiaro che non sarei sopravvissuto anche al viaggio di ritorno. Il sole bruciava come in un western di Sergio Leone e anche i miei pensieri erano sudati. La sola cosa positiva era che Edo, in modalità “a piedi” smetteva di cantare.
In tutto questo dovevo anche mostrarmi un minimo entusiasta della presenza del mio ragazzo ma le calorie della bottiglietta d’acqua bevuta a Caserta le avevo tutte consumate nella manovra di parcheggio dell’Achille Lauro e le forze non mi permettevano di abbozzare più che un anemico sorriso.
Il corteo si svolse durante quel lasso di ore durante le quali solitamente in estate tutti i telegiornali ci consigliano di restare in casa, a persiane chiuse. Noi invece eravamo incolonnati in una fiumana festante, loro, che attraversava la città mentre, io, li seguivo con sporadici sprazzi d’entusiasmo.
I programmi serali sarebbero consistiti in una doccia volante a casa di amici, una pizza e poi tutti a ballare in un parco dove l’organizzazione aveva allestito quella che doveva essere la festa ufficiale del pride. Il mio programma però si concluse subito dopo cena.
Arrivati in pizzeria infatti il mio istinto di conservazione ebbe il sopravvento. E nonostante la volontà di comprare dei pantaloni di una taglia di meno, mi avventai sul vassoio di fritti che i camerieri ci avevano portati come antipasto. Come una pianta al limite dell’essiccazione a cui viene inumidita la terrà, iniziai a sentire affluire energia nei muscoli e soprattutto nella lingua cosicché per un po’ fui anche di discreta compagnia.
A fine cena ci alzammo per raggiungere la festa. Credo fu lo scioc del mio organismo che d’improvviso s’era emozionato per aver ricevuto tanto cibo. Fatto sta che iniziarono a fischiarmi le orecchie, la vista mi si appannò e pian piano il brusio intorno a me venne avvolto da una nuvola di bambagia. Le gambe iniziarono a sgonfiarsi ma, prima che mi abbandonassi all’oblio, il mio fortissimo senso del decoro mi fece rivolgere ad amici e fidanzato: “per cortesia potete tenermi le chiavi della macchina e il portafogli? Credo di stare per svenire”. E tracollai tra le frasche di un’aiuola accanto alla pizzeria seppur con una certa grazia. Rimasi lì in uno stato di semi incoscienza per qualche secondo, privo di soccorso, fino a quando non li sentii dire: “ma che è svenuto davvero?”.
Mi ripresi poco dopo, disteso, con il viso fradicio d’acqua e le gambe in alto tenute dal mio ragazzo del quale distinguevo un’espressione preoccupata, o così mi sembrava nella penombra.
“Poi dite che non ho ragione quando dico che mangiare fa male?!”. Ero tornato in me. Edo aveva una bottiglia di minerale tra le mani e minacciava di innaffiarmi di nuovo il viso, ma lo tranquillizzai.
La festa chiaramente saltò, almeno per me. L’indomani a colazione rassicurai tutti quanti che il malore non era dovuto a droghe ma solo ad abuso di carboidrati e dopo essermi fatto raccontare i fasti della festa mancata, ripartimmo.
Edo si propose pietosamente di guidare e scoprii fortunatamente che anche in modalità “al volante” ci saremmo risparmiati le sue riedizioni a cappella di “Pensami per te” della Oxa e “Perdere l’amore” di Ranieri.

mercoledì 13 maggio 2009

HAI LA FACCIA COME IL CULO AUORD. Prime candidature.






















Pensavo che il periodo più adatto per la serata di gala potesse essere verso dicembre perché è prossimo alla fine dell’anno e darebbe così al concorso un senso di conclusione più solenne. Ho già controllato e non ci sono al mondo altri premi come questo quindi istituisco ufficialmente da oggi il “Hai la faccia come il culo auord”. Vista la folta schiera di partecipanti più o meno consenzienti, consapevoli e meritevoli, sarà poi il caso di dividerli in categorie e sottospecie ma quello lo vedremo oltre.
Il primo caso che sottopongo a voi, giuria di qualità, è quella di Beppe Convertini. Per quei pochi che non lo conoscono è un tipo famoso per aver fatto qualche telepromozione, poche ficsion, alcune prezzemolate televisive e un labbro rifatto piuttosto imbarazzante.
L’antefatto: pochi mesi fa esce fuori un’intervista sensazionale rilasciata dal fidanzato di Convertini che, stanco di veder sempre celata la loro relazione e umiliato dal fatto che Beppe lo posponesse alla sua carriera (poi qualcuno mi spieghi quale essa sia) facendosi addirittura fotografare insieme a presunte fidanzate, decide di rivelare l’omosessualità di Beppe. La notizia rimbalza da un angolo all’altro del mondo mediatico suscitando immediatamente opinioni contrastanti. Mentana dichiara: “E ‘sti cazzi, non ce li mettiamo?”, Lerner, ancora più sconvolto: “sono più interessato alle tecniche di costruzione delle capanne di paglia in Mozambico” mentre il Santo Padre, confondendo il cognome del protagonista, gioisce nel dire: “Convertiti? Se dall’islam sono 100 punti l’uno, dall’ebraismo 300. Ad ogni modo sempre un bel risultato!!”.
Insomma prima ancora della Lario, la comunità ghei aveva già la sua coppia di selebriti sfasciata per negligenza affettiva, a riprova che gli omosessuali sono sempre precursori di mode e modi poi adottati anche dagli etero.
A questo punto, in molti immaginavamo e speravamo che quel foruncolo di carriera di Convertini fosse stata definitivamente spremuta e pulita via.
E invece, sfogliando oggi Star Tv, una sottolettiera per gatti impaginata e spillata, leggo e vedo che Beppe viene beccato casualmente mentre stringe una certa Valeria. Le fotografie, che battono in quanto a scup quelle di Lapo Elcan in barella dopo la notte brava con Patrizia, sono correlate da un trafiletto che sembra un racconto della Rouing in cui si parla di “donna giusta”, senza specificare chi lo sia tra le due, di un incontro al Bic Caffè di Riccione ballando il tuca tuca, che sappiamo essere una virilissima danza d’accoppiamento, e di una serata in spiaggia “molto romantica”, immagino confrontandosi i rispettivi tanga gioiello di Seduzione Daimond disegnati dalla Marini.
Mi sembra che ci sia poco da aggiungere a questa storia per giustificare la candidatura di Convertini al “Hai la faccia come il culo auord”.
Ma io dico, a parte il fatto che il tuo ex ti ha sputtanato pubblicando pure le foto di voi due abbracciati, e non nel modo in cui lo farebbero 2 giocatori di regbi mentre ingaggiano il gioco, tutta questa fatica di uscire con una donna, chiamare un fotografo ammollargli 100 euro implorando poi la redazione di un giornale di quarta per far sapere che ti piacciono le donne, non la trovi una cosa avvilente e patetica? Ormai lo sanno anche i portantini del Victoria Stescion di Mumbai che sei finocchio: molla il colpo! Evita il ridicolo! Capisco non voler dichiarare di essere ghei ma quando ti capita di essere vittima di un auting forzato come è successo a te, non sarebbe più dignitoso ammettere la verità? E poi per fare cosa? Per recuperare una carriera che, incredibile a dirsi, è infinitamente più piccola del tuo senso della decenza?

martedì 12 maggio 2009

GLI STRANI CORSI DELLA MIA PALESTRA























Poi uno si chiede come mai ogni volta che qualcuno mi chiede dove vada in palestra, non faccio neppure il tempo a pronunciare la parola Fitn…che interviene concludendo: “Ah, la palestra ghei!!”, aggiungendo poi con pruriginosità: “ma è vero che fanno le orge in sauna?”.
Io ci provo a difendere la palestra affermando che di etero, donne e uomini ce ne sono, più o meno con la convinzione con cui un elettore del PDL cerca convincerci che Berluscon in realtà è marito fedele ed integerrimo. Certo però se poi arrivando mi trovo dei manifesti come quello che vedete sopra in cui si annunciano dei corsi per camminare sui tacchi da 12 centmetri come una di Secs end de siti, tutta la mia difesa va a farsi benedire.
Mai promozione fu indirizzata a luogo meno adatto. Le donne che frequentano la sala sono quante le particelle di sodio dentro una bottiglia di acqua Lete e la loro femminilità si limita a non sputare a terra quando hanno il catarro. Gli uomini etero sono reali come un libro di Tolchien e i ghei, figurati se hanno bisogno di un corso di portamento su tacchi. Ma per chi ci hanno preso? Noi sui 12 centimetri non solo ci sappiamo camminare ma siamo in grado di fare 100mt ad ostacoli e arrampicata libera su pareti rocciose. Ma sia ben chiaro, non lo facciamo per un vezzo frocesco: in quanto frequentatori di palestra sappiamo come il polpaccio sia un muscolo difficile da sviluppare e ricerche di laboratorio hanno dimostrato che indossare tacchi alti due, tre ore al giorno, sviluppa anche il più atrofico dei polpacci.

mercoledì 6 maggio 2009

AVVERTO: NON SONO LUCILLA AGOSTI.




















quindi se andate sul sito non vi fate idee strane. Non sono quella bona bionda fotografata mezza nuda (io vi ricordo infatti che sono moro). ma alla sua destra c'è un box dove trovate una mia intervista.
http://max.rcs.it/news/0905_05news_insyloan.shtml

martedì 5 maggio 2009

TUTTI SUL 19.




A Roma se sei finito su un mezzo pubblico è perché sei uno studente calabrese fuori sede, hai 85 anni e non ti hanno rinnovato la patente, sei un senegalese carico di borse false e dvd taroccati che stai andando a vendere nelle vie del centro o perché la sera prima, perdendo a bacio o penitenza, piuttosto che sfiorare con le labbra la tua collega da tutti soprannominata il “cesso a pedali”, hai preferito pagare pegno raggiungendo l’ufficio con i mezzi.
A questa ristretta schiera di eletti, da un paio di mesi mi sono aggiunto anche io dopo la ben nota dipartita del mio motorino.
Contrariamente alle mie prime resistenze, mi sto però accorgendo che prendere i mezzi non è affatto male (anche perché altre soluzioni non ce ne sono dal momento che ormai i miei amici si sono abbondantemente scocciati di farmi da scioffer e scuse come la pioggia, il mal di schiena e la distanza sono state già abbondantemente sfruttate).
Come molti romani io non prendevo i mezzi più o meno dai tempi del liceo quando alle 7,30 del mattino, con il mio Rocci in braccio (ndr: vocabolario di greco maneggevole e pratico da portare con un dolmen di Stoneing), aspettavo che il 14 mi deportasse al cospetto di un professore a caso per prendere un voto spesso compreso tra il 3 e il 5.
Superato quindi il trauma della memoria causato dal rimettere piede su un mezzo pubblico, mi sono subito reso conto che alla fine è comodo ed economico. Certo il fatto che abiti in una zona centrale aiuta perché se stavo al Laurentino 38 era tutta un’altra musica visto che da quelle parti, come in molte altre zone periferiche, è più facile vedere dei Pegaso alati pascolare nel prato che un autobus di linea passare per la fermata e i tempi di attesa si calcolano in ere.
Ad ogni modo da quando anche io sono diventato assiduo frequentatore dei mezzi pubblici, sto scoprendo uno spaccato socioantropologico degno di una tesi di laurea.
Tra tutte quelle che sto prendendo negli ultimi tempi la linea più interessante è la 19. Un tram che cavalca attraverso razze, ceti e culture che non hanno nulla in comune l’uno con l’altra se non l’abbonamento dell’ATAC (intera rete).
Partendo da Piazza dei Gerani, che è il cuore pulsante di Centocelle, il quartiere dove ragazze spavalde sfoggiano luc arditi composti da top che lasciano scoperti ventri da sagra della carbonara alleggeriti da pirsing sepolti tra la seconda e terza ciambella di lardo e un trucco rimuovibile solo con una soluzione a base di acido muriatico, si viaggia alla volta della Prenestina. Qui, ormai enclave di immigrati cingalesi, l’aria cambia. Nel vero senso della parola. Molti di loro infatti ancora non hanno ancora assimilato la tradizione occidentale della prima colazione a base di latte e biscotti e continuano ad abusare di aglio, mettendolo praticamente ovunque. Il che, alle 9 del mattino, a finestrini chiusi e magari pressati come pecore al macello, assume dei risvolti potenzialmente letali.
All’altezza di Porta Maggiore il 19 fa una virata verso San Lorenzo, quartiere di universitari, zecche fannullone e anche mio. Qui la fauna cambia ancora una volta trasportando a lezione studenti ancora storditi dagli ettolitri di birra trangugiata la sera prima fino alle 3, chiacchierando per strada con gli amici a toni di voce da denuncia all’ARPA e, possibilmente, facendo tutto questo sotto le finestre della mia camera da letto.
Non occorrono più di 5 fermate per iniziare a vedere i palazzi che costeggiano le rotaie farsi più eleganti. Le scritte sui muri passano da semplici graffiti a inni dedicati ai camerati caduti negli scontri di piazza: siamo arrivati al Nomentano-Salario.
Un quartiere molto borghese, molto bene e anche molto fascista. Qualche impiegato, di quelli in giacca e cravatta, inizia a salire. Circondato com’è da qualche rimasuglio di immigrati, si tiene serrato tra i polpacci la valigetta del lavoro con una tenacia che lascerebbe sospettare che quella borsa in realtà contiene i codici segreti per il lancio di testate nucleari.
Subito dopo si raggiunge il top dei quartieri romani: Parioli. Qui veder salire dei ragazzi è praticamente impossibile dato che sotto i 15 anni vengono scarrozzati ovunque da madri platinate, alla guida di inutili suv di marche comprese nello spettro che va dalla BMV alla Mercedes, mentre allo scoccare del sedicesimo anno di età, dato che il rolex lo hanno ricevuto a dodici anni e l’aifon al battesimo, si vedono possessori di quelle orrende macchinine biposto che in mano a loro diventano la riedizione più pericolosa di Cristin, la macchina infernale raccontata nel romanzo orror di Stiven Ching. Le sole a salire sul 19 sono quindi ottuagenarie dai capelli celestinati, sempre perfette nei loro cappotti d’astracan di inizio novecento che si dirigono ad un appuntamento con altre figlie del risorgimento per prendere un caffè e rievocare i fasti dell’unità d’Italia.
Il percorso termina a ridosso delle mura vaticane, il che implica che, a qualche fermata da queste, possano salire schiera di suore: animali gregari che si muovono in branchi come i lemuri e la cui esistenza sulla terra è più o meno utile quanto questa specie di marsupiali. Quindi, se siete turisti o curiosi mossi da un daruiniano spirito d’osservazione, fatevi un giro a bordo del 19, costa solo un euro e il tragitto dura quasi un’ora. E in questi tempi di ristrettezze economiche, è anche un’ottima alternativa al ben più costoso cinema, garantendovi, a mio avviso, un divertimento persino maggiore.