martedì 31 luglio 2007

IOR SO VEIN...



Dedicata a tutte le persone vanitose. A quelli che mettono la loro necessità di sentirsi bene davanti al bene di chi hanno davanti. A chi fa tutto questo e neppure se ne accorge. A chi crede che tutto debba ruotare intorno a se ma, soprattutto, a tutti quelli che per debbolezza lasciano che vada proprio così.

GHEI IN LINEA. PARTE II.



Ragazzi, ho gli occhi gonfi e cerchiati. Sembro un panda reale. Fino alle 4 del mattino su questi ricettacoli di lussuria che sono le ciat ghei. Ma come disse una volta qualcuno scolpendolo nel marmo del Colosseo Quadrato: gli italiani sono popolo di santi, navigatori e ricercatori. E ieri sera mi sentivo molto navigatore, molto ricercatore, un po' meno santo.

Sorvoliamo su altri elementi che compongono i profili come: obbi e sport preferiti, qui non si tratta di vincere una partita di Trivial ma di trovare un uomo. E alla svelta. Tanto più che se doveste essere sinceri e scrivere che vi piace vedere il pattinaggio sul ghiaccio mentre infilate perline per fare collanine e parur, tanto varrebbe cacciarsi una rivoltella in bocca.
Le uniche informazioni davvero interessanti sono queste due: Ruolo e misure.
Nel mondo dei ghei ci sono tante di quelle sottospecie che anche l’entomologo più esperto avrebbe difficoltà a suddividerle. Partiamo dal passivo per poi passare al passivo/versatile, versatile, versatile/attivo e poi il più raro e a rischio d’estinzione: l’attivo.
La mia opinione, per la quale mi assumo ogni responsabilità sicuro di non essere smentito dalla realtà, è che ci sono più passivi di quelli dichiarati. I dati sono a riguardo vaghi e imprecisi come quelli sull’immigrazione clandestina in Italia. Infatti per una sorta di pudore indotto da una cultura fallocrate che vede il maschio virile e fottitore, sono pochi quelli che ammettono di essere passivi. Per questo quando su una chat trovate qualcuno veramente attivo, segnalatelo alla presidenza della repubblica: troveranno sicuramente il modo di recapitargli una medaglia al valore civile. A parte questo drappello di coraggiosi tutti gli altri passivi si annidano nella terra d’ombra dei “versatili” il che significa tutto e niente. Infatti è da chiarire che aver fatto una volta l’attivo la sera di capodanno del 2004 per pagare pegno al posto dei 300 euro persi al mercante in fiera non ti pone propriamente nel ruolo di “versatile”.
Si presupporrebbe infatti che “il versatile” tragga tanto piacere nel “dare” che nel “accogliere”, ma non sempre è così. Quindi se cercate un attivo che faccia il suo dovere senza per questo doverlo minacciare con un puntale spaccaghiaccio, fareste bene a rivolgervi a chi nel profilo mette solo: attivo (suggerisco alle ciat di mettere anche l’opzione attivo/attivo). Non fidatevi neppure di chi scrive versatile/attivo. C’è la fregatura in agguato e come niente al momento dell’incontro se ne uscirebbe con frasi del tipo “Non l’ho mai fatto prima ma, questa volta voglio prenderlo, perché mi ispiri fiducia”. A me è capitato, più di una volta. E tu sei li che ti chiedi per quale motivo voglia dare questo fiore segreto e prezioso proprio a te, uno sconosciuto incontrato appena 3 ore prima e di cui a malapena ricorda il nome. Fosse così facile "ispirare fiducia" nel prossimo, avrei già ottenuto dalla banca il mutuo per la casa, anche senza busta paga. Sarò all’antica, sì forse un inguaribile romantico, ma la mia idea di attivo è quella di uno che neppure te lo deve toccare (scusate la poca eleganza dell’immagine ma non voglio che qualcuno fraintenda).

MI SONO BRUCIATO.


Anche quest’estate è andata così. La quinta senza fidanzato. Credo che a questo punto dovrebbe intervenire il ministro di grazia e giustizia con un decreto legge apposta per me. Non credo ci siano le condizioni né umane né divine per cui debba meritarmi una condanna del genere. Insomma sono fidanzate ormai praticamente tutte le persone che mi circondano, persino quelle che non vorrebbero esserle e c’è persino chi di fidanzati ne ha due o tre (rubando anche quello che statisticamente spetterebbe a me!!).
E’ anche vero che inizio ad avere il vago sospetto che sulla piazza di Roma sia ormai bruciato. Penso di poter applicare al mio caso il concetto di saturazione per cui ormai mi trovo bloccato in una fase di stallo. Quelli con cui potevo stare ci sono stato, quelli che in questi lustri mi hanno detto di no continuano a dirmi di no e quelli a cui io ho detto di no non hanno fatto nulla per farmi cambiare idea. Ho ancora qualche speranza con i forestieri ma solo perché non mi conoscono (e soprattutto non conoscono la mia fama). Quindi io praticamente ho il rimorchio stagionale come i romagnoli che aspettavano le svedesi d’estate per accoppiarsi, salvo passare lunghi inverni di solitudine. Facendo due calcoli quindi a me va bene: durante il periodo di Natale/Capodanno, Pasqua e Pasquetta, i vari primi maggio, 25 aprile e ferragosto (gli ultimi solo se non mi cadono di domenica, in tal caso i periodi fertili si riducono drasticamente). Durante questi periodi di festività sono tutto un fermento. Organizzo comitati d’accoglienza alla stazione Termini per accaparrarmi i primi arrivati. Sto seriamente pensando di stampare volantini e brosciur, un po’ come fanno gli alberghi, e metterli nei dispenser negli uffici d’informazione turistiche alle stazioni e agli aeroporti. Io non credo alla stronzata dell' "arriva quando meno te lo aspetti". Trovare un uomno è come cercare un lavoro. Necessita di attenta ricerca e scrupolosa costanza. Quando mai qualcuno ha trovato un lavoro "quando meno se lo aspettava?". A casa mia quelli si chiamano fannulloni!
Unica alternativa a tutto questo, le trasferte o, come preferisco chiamarli io, “i viaggi della speranza”. In sostanza la filosofia è quella che ho mutuato da una mia amica lesbica parlando dei suoi rimorchi: “o me la dai o me la vengo a prendere”. Infatti se esco dal Grande Raccordo Anulare, qualcuno ce lo frego ancora. Adesso vorrei provare a sentire il servizio clienti di FFSS per proporre una tessera mensile a chilometraggio illimitato, un po’ come la tessera intera rete della Trambus (che io nostalgicamente ancora preferisco chiamare ATAC).
Del resto qui a Roma mi restano pochissime e temerarie alternative:
1) o aspetto come un falco predatore che qualcuno si sfidanzi per approfittarne (in genere quelli fidanzati da molto girano poco e forse, dico forse, non mi hanno visto ovunque come tutti gli alti);
2) o mi metto con uno di 20 anni che per ovvi motivi anagrafici mi potrebbe vedere come una “novità”;
3) o mi metto con qualche vecchio disperato, ma siccome tra poco ci divento io vecchio (disperato già lo sono) vorrei evitare un futuro fatto di padelle da svuotare quando avrei bisogno che qualcuno svuotasse le mie.
Una mia collega dice che dovrei cambiare giri, evitare di andare nei soliti locali, frequentare altri ambienti. Lei ovviamente è una di quelle care ragazze che ha un’idea edulcorata di noi ghei, un po’ stile Moris di Foster. Ci vede a vernissag di mostre d’arte, per presentazioni di libri o in qualche casa della cultura. Beata ignoranza. Il che potrebbe però essere vero se non fosse per il fatto che io mi rompo tremendamente le palle in posti del genere e per il fatto che, sì, li di ghei ci sono, ma ve li farei vedere: al di la di ogni tentazione, anche per un disperato come me.
Non so, potrei iniziare a fare davvero l’alternativo e provare arditi rimorchi al buling di Parco dei principi, oppure alla sagra del fico e del pernil a Bucchianico.
Cari amici, conoscenti o solo occasionali lettori, voi cosa mi suggerite?

lunedì 30 luglio 2007

GHEI IN LINEA.


Ecco la prima parte di una personalissima impressione sulle ciat ghei da me molto battute sempre e solo per curiosità intellettuale finalizzato al reperimento di materiale di studio.


Se dovessimo stilare una lista delle razze più attive, indefesse, refrattarie alla pigrizia, dopo le api e gli operai cinesi arriverebbero di sicuro i ghei. Per questa categoria infatti è assolutamente improponibile concedersi sosta o pausa quando si tratta di rimorchio. Per ottimizzare i tempi, anche quando si è a lavoro o si sta aspettando in cucina che l’acqua bolla, non c’è niente di meglio che piazzare il proprio profilo su una delle innumerevoli ciat ghei che si trovano sulla rete. Ce n’è per tutti: muscolosi, orsi, ragazzi della porta accanto, solo attivi, solo passivi, escort e credo a questo punto anche per cattolici (ma li si parla e basta).
Solitamente la prima e fondamentale cosa che si deve fare è avere un discreto buc fotografico dal quale attingere per le migliori pose della nostra vita.
Ovviamente non è fondamentale che le foto siano nuove né che siano nostre. Comunque verranno spacciata come tali. Forse è per questo che, dopo esser stati sedotti da un’istantanea che mostrava pelle liscia e muscoli tonici, può capitare che ci si trova davanti la mummia del cacciatore di Similaun che con aria sorpresa ti dice “pensavo di averti detto che la foto non era recentissima".
A questo punto quindi, per togliersi dall'imbarazzo, in genere scatta la proposta: “Beh, orma, visto che ci siamo…”.
Tentativi altrettanto estremi di giustificare una certa discrepanza tra foto e realtà possono avvenire anche di fronte ad evidenti differenze di peso: “beh, si ho preso qualche chiletto” (e si tratta di almeno 10 kg). Addirittura può avvenire che ci si trova davanti ad un’altra persona proprio: “Si, è vero, la foto è quella di un modello di Armani ma non noti una certa somiglianza?”
Superata la fase di selezione della foto si passa alla stesura del profilo vero e proprio. Le cose che qualsiasi ciat richiede sono più o meno le stesse che chiedereste ad un primo appuntamento, mentre siete persi gli uni negli occhi dell’altro, la candela brucia e il profumo di vino esala dai due calici di cristallo: cibo preferito, musica che ascolti, vacanze, dimensione del cazzo e ruolo sessuale. Ed è proprio tracciando il profilo che esce la tanto declamata fantasia degli omosessuali. Più che una scheda personale sembra di leggere un romanzo di Giul Vern.
Già dalla scelta dello pseudonimo si intravedono i primi sforzi di fantasia volti a lanciare timidi segnali di seduzione perché, a volte, “24cm” può convincere più di “Vero romantico”.
A cascata gli altri dati sono un susseguirsi di informazioni più o meno aderenti alla realtà.
Essendo entrato in un discreto numero di ciat (ripeto, solo per poi poterne scrivere) e avendo poi incontrato diversi suoi frequentatori (si sa, nella ricerca scientifica la popolazione deve essere sufficientemente ampia e poi mille è un numero relativo...) mi sento di aver ormai acquisito dati a sufficienza per fare certe considerazioni.
Partiamo dall’altezza: sotto il metro e ottanta barano tutti di almeno 3-5 cm. L’altezza ve la danno esatta solo oltre. Ho incontrato nani da circo che millantavano altezze improponibili: “Ma scherzi?! L’altezza me l’hanno presa alla visita del militare!” che, si sa, ha valore assoluto e scientifico come la stima delle vette alpine ad opera del CNR. Io sono basso (1, 68) e ho incontrato gente di unoeottanta che mi arriva alla spalla.
Sul peso si potrebbe aprire un capitolo intero. Anche qui si bara più della notte di capodanno quando si gioca a sette e mezzo con i parenti.
Solitamente anche qui si dichiara sempre qualcosa di meno ma c’è chi la fa davvero sporca. E se al momento dell’incontro avete la sensazione di essere finiti alla 7 per un'intervista a "Otto e mezzo" condotto da Ferrara, ecco subito pronta la scusa perché, non ci dimentichiamo che i ghei sono avvezzi all’arte della mistificazione e dell’improvvisazione sin dalla più tenera età: “no mamma. I tuoi tacchi li ho messi perché ho sentito che aiutano alla cervicale!”
In genere le giustificazioni vedono: al primo posto il periodo natalizio, anche a ferragosto. In seconda posizione, in netta ripresa rispetto agli anni ’90: la palestra. “Beh, si sa che la massa magra pesa più di quella grassa”. Terzo, un ever grin: la struttura ossea. Come diceva mamma: “tesoro, non sei grasso ma robusto”.
CONTINUA...

DOMENICA è SEMPRE DOMENICA.


La domenica non vado al mare. Non perché abbia meglio da fare ma la prospettiva di raggiungere la spiaggia prendendo nell’ordine un autobus, la metro, il treno e poi un altro autobus per un tempo complessivo di un’ora e mezza è una prospettiva tutt’altro che allettante. Non ho la macchina e il mio motorino ha una ruota nella fossa e non vorrei si trovasse proprio sulla strada per il mare (la visione di me a piedi sulla Colombo che trascino il motorino collassato è la fantasia più terrificante che mi possa venire in mente). Non c’è neppure nessuno che conosca che possa portarmi con sé. Quasi tutti hanno lo scooter e, soprattutto, un fidanzato quindi, il posto è già occupato. In effetti questo mi porta a fare una semplice constatazione: o mi compro uno scooter degno d’esser chiamato tale o mi trovo un fidanzato, con lo scooter, il che rappresenterebbe l’ottimo.
Effettivamente siamo in pochi a restare a Roma. Chi non è partito per le vacanze preferisce farsi 2 ore di macchina verso le spiaggia piuttosto che restarsene a casa.
L’aria sembra più afosa e gli odori più acri e stantii, non perché lo siano realmente ma perché non c’è nient’altro su cui posare l’attenzione. Se mi affaccio dalla finestra posso addirittura sentirlo con le orecchie tanto è pervasivo.
A meno che non si vada in centro dove turisti imperterriti e incuranti dell’afa danno comunque un senso di vitalità, le zone periferiche rivelano tutta la loro desolazione. Quella che gira nel mio quartiere è un’umanità dolente, penosa e marginale resa ancora più evidente dalla desolazione delle strade. E la stessa che vive e si muove anche negli altri giorni ma che noto meno perché diluita nella frenesia della vita dei normale.
Quindi mi rinchiudo in casa e serro le imposte, come se poi davvero aiutassero a fermare un caldo che neppure le mura di casa possono contrastare. Tra 500 canali offerti da Sky qualcosa per tirare a sera si trova e in mancanza dell’aria condizionata anche un ventilatore e un magnum che trovo miracolosamente supersite in frizer possono aiutare.

venerdì 27 luglio 2007

SOPPALCO O MORTE?


Finalmente dopo anni di supremazia incondizionata, il documentario di Nescional Geografic sulla costruzione della linea ferroviaria Turca alla fine dell’‘800 cede lo scettro di spettacolo più noioso e inutile della galassia a Ultravaiolet, film di fantarottura di coglioni con quella patata dolce di Milla Iovovic.
Reggo 24 minuti contati. Questa che per tutto il tempo spara a chiunque cambiando colore di capelli a ogni sequenza. Comunque grazie a lei risparmio 35 gocce di EN per dormire e con l’ultimo alito di vita punto il ventilatore verso l’alta vetta del letto e salgo le scalette del mio letto a soppalco. Ero così stanco che sembrava stessi scalando il Gran sasso. Io lo sapevo che andando a letto con le monache di clausura del monastero dei Santissimi Quattro non avrei dormito bene ma non pensavo sarebbe stata la notte peggiore dell’ultimo anno. Mi sono svegliato 13 volte, contate. Sceso a prendere da bere: 5 volte. Pipì: 4 (l’alternativa sarebbe stata non bere, ma se non bevevo non reintegravo i fiumi di sudore, insomma un circolo umidamente vizioso). Aprire la finestra per il caldo, chiudere la finestra per il rumore: non meno di 4 volte (è meglio l’asfissia che la caciara di San Lorenzo). Riposiziono il ventilatore un paio di volte aumentando anche la potenza. Insomma stamattina alle 7, quando decido che era meglio scendere al campo base che restare in piccionaia avevo fatto non meno di 5000 gradini: in pratica 4 lezioni di step. Stamattina ho i quadricipiti femorali che sembrano quelli di una rana e la faccia gonfia come una zampogna.
Vi prego, non fatevi mai un letto a soppalco a meno che non abbiate l’aria condizionata o un sistema automatico di carrucole per scendere e salire.

giovedì 26 luglio 2007

FIGLINEVILLE E IL VILLAGGIO DEI BUONI SENTIMENTI.



Questo post è dedicato a chi non è cresciuto nel degrado di una periferia ma in un paese incantevole come il presepe di Greccio. A chi non litiga con i vicini di casa perché hanno tenuto lo stereo a tutto volume fino alle 4 del mattino ma che, al contrario, se ne ritrova altri sempre ben lieti di regalare un ciambellone appena sfornato. A chi si sveglia col sorriso sulle labbra piuttosto che con il ringhio tra i denti. A chi sul davanzale si ritrova accovacciati fringuelli canterini e non piccioni scacazzanti. A chi a lavoro ci arriva fischiettando sulla sua bella Sitroen Pluriel nera, senza dover dare l'arrembaggio al 71 stracolmo perché s’è ritrovato il motorino senza più parabrezza e fanale. A chi a pranzo trova tutto fatto dalla mamma e non mangia in una scodella di plastica riscaldata sullo schermo del pc. Insomma a chi vive nel fantastico mondo di Figlineville.

MA ALLORA SEI DE COCCIO?!



Per ovvi motivi d’omonimia mi sento particolarmente legato alla povera Linsey Lohan.
Ognuno di noi ha una povera derelitta del mondo dello spettacolo che elegge a speciale “peso sul cuore”. Chi ha la Bertè, chi la Spiar e chi, come un mio caro amico, s’è accollato il pensiero di quella disgraziata di Uitni Iuston (sempre più simile a Zaira, la dottoressa schimpamnze del Pianeta delle scimmie).

Il Corriere della Sera era è da sempre strenuo baluardo di un giornalismo serio, composto, dal pensiero fortemente liberale seppure con un retrogusto altoborghese. Un giornalismo, potremmo dire, in giacca e cravatta.
Ecco perché quando la notizia è una notizia bomba come non se ne vedevano dai tempi dello scandalo Uotergheit lo troviamo schierato in prima fila, pronto a darci tutti i retroscena.

L’attrice Lindsay Lohan, beniamina dei paparazzi, è stata arrestata a Los Angeles per guida in stato di ebbrezza, guida senza patente e possesso di stupefacenti.
Ora Linsy mia, ma che ti ci vuole a mettere in quella cacchio di borsetta la patente? E’ una carta di plastica e, visto cos’altro ti trovano ogni volta nelle tasche I poliziotti, ti servirebbe pure. Benedetta figliola.

È avvenuto durante la notte nella zona di Santa Monica, a Los Angeles. Era in giro sul suo Suv quando è stata fermata nella notte per un banale controllo che si è trasformato in arresto, prima per il risultato dell'etilometro (aveva un po' troppo alcol nel sangue per poter guidare) e poi per la cocaina che gli agenti di Polizia le hanno trovato nelle tasche, durante la perquisizione.

Pure qui. Ma ti fai beccare con la droga in tasca, come una barbona…

la Lohan era uscita da un centro di riabilitazione per alcolizzati e pochi giorni fa si era presentata alla polizia di Beverly Hills per sottoporsi a fotosegnalazione per un episodio di guida in stato d'ebbrezza avvenuto mesi fa, acconsentendo a portare il bracciale anti-alcol.

(qualcuno mi sa dire in cosa consiste questo bracciale? Che fa appena vedi un Crodino ti stringe fino a farti venire il braccio livido come faceva mia madre quando mi afferrava per non farmi perdere al mercato?)
Le sue sorti si decideranno al processo, il prossimo 24 agosto.

Pulizer assicurato!

GHEI IN UMIDO. PARTE III


Cari tutti. A me ‘sta ricerca sul campo mi sta letteralmente prosciugando. Ma si sa, la strada della conoscenza è dura e molto, molto umida.
Anche ieri, taccuino idrorepellente alla mano, mi sono calato nei panni di un moderno Levi-Straus solo per riportare a voi, cari lettori, i segreti che si celano tra questi peccaminosi vapori. Ecco cos’altro ho scoperto nell’ultma avvincente puntata di “Ghei in umido”.

Appianate queste incombenze, ci si da uno sguardo allo specchio, davanti, di dietro, profilo dx, profilo sx, una giravolta, fallo un’altra volta, un’aggiustatina ai capelli (per chi ce li ha ancora) e poi via per i meandri umidi e oscuri della sauna. In effetti, la prima cosa che si nota è l’escursione termica che cambia da ambiente ad ambiente. Si passa dai più 50° dei bagni turchi ai 12° dei corridoi e dei camerini che, non si sa per quale motivo sono sempre freddissimi. E’ forse per questo che poi si finisce per fare sesso: solo per trovare calore nel morbido e romantico abbraccio di: “Scusa, com’è che hai detto che ti chiami?” Insomma si subisce lo stesso procedimento di tempratura dell’acciaio: caldo/freddo, caldo/freddo, caldo/polmonite fulminate. L’umidità è avvolgente e l’illuminazione poi è sempre soffusa perché si sa che, spessissimo, occhio non vede, cuore non duole. Con queste premesse, qualora non rimorchiaste nessuno, potete sempre accodarvi ad una spedizione di speleologi, tanto nelle grotte troverete lo stesso ambiente.
Il primo giro, si sa, è di ricognizione e individuazione di eventuali obiettivi sensibili o pericolo vaganti (i conoscenti, gli amici di fidanzati di cui vi dicevo sopra o i cessi irreparabili). Ovviamente, non è molto facile camminare con disinvoltura e naturalezza quando ai piedi si hanno ciabattine di gomma cinese dure come cemento armato che rifiuterebbero di calzare anche gli ospiti di un orfanotrofio di Calcutta (un consiglio, io l’ho fatto: portatevi le vostre, sono comode e fanno “casa”).
Per questo bisogna prestare molta attenzione all’andatura e, se non si hanno alle spalle ore e ore di allenamento, si corre il rischio di rivelare la propria “vera natura”. A nulla valgono le goffe mistificazioni dell’ultimo momento. Ci vuole impegno. Se cammini impacciato come una papera fuori dallo stagno, sei già fuori anche dai giochi. Se sei venuto per mettere in pratica i consigli di Taira Benc per diventare modella, dispensati in “Americas Nect Top Model”: quella è la porta. L’andatura che vince è quella dei giocatori di pallanuoto quando camminano a bordo vasca dopo una partita: stanca e fiera. Per questo i più furbi registrano ogni competizione di pallanuoto che trasmettono in tv: è una questione di sopravvivenza.
E ora gli sguardi. Che ci crediate o no, i ghei ci riescono, anche nella penombra, anche nelle tenebre più profonde di una notte in campagna durante un’eclissi di luna. Così come un gatto riesce a muoversi perfettamente nell’oscurità, il ghei, dotato di DNA modificato, riesce non solo a vedere ma anche a mandare sguardi carichi di espressività che in un colpo dicono molto più di 100 parole e promettono ancora di più. Ma lo sguardo è nulla senza la giusta postura del corpo, senza quell’andatura da gladiatore che scende nell’arena o del macellaio che va a squartare quarti di bue. E’ proprio qui che molti falliscono. Non bisogna mai abbassare la guardia né esitare nell’incedere. Bisogna sempre, costantemente, inesorabilmente pensare maschio, Lancaster, Brando, o anche Sigurni Uiver di Alien, funziona lo stesso. Solo se darete un’immagine virile di voi quanto una statua dello stadio dei marmi di Roma riuscirete a ingannare/rimorchiare qualcuno. Non importa quante saune vi sarete fatti, non importa quanti ve ne sarete fatti, la stanchezza non deve far uscire mai l’odalisca che è in voi e che grida ormai cianotica: “voglio uscire!!”

mercoledì 25 luglio 2007

GHEI IN UMIDO. PARTE II


Allora diciamo subito che in antropologia culturale questa si chiama "ricerca partecipata" (mi pare...).
Lo dico per quanti mi hanno visto ieri sera in sauna. Ripeto: non ero li per piacer mio ma per approfondire l'argomento. Sì, è vero, poi sono entrato in una saletta privata con un ragazzo ma era solo per fare un'intervista approfondita e qualitativa.
Ecco la seconda parte della mia ricerca sul campo.

Voi avete mai provato a fare del sesso in una sauna dove la temperatura sfiora gli 80°? C’è chi ci ha provato ma, da allora, non è più stato lo stesso e ora si ritrova la pelle come un mocassino di cuoio e il cuore affetto da aritmia cronica. Per questo, nelle saune gay, c’è sempre la possibilità di usufruire di camerini dalle temperature accettabili pronti a dare la giusta priaivasi ai vostri istinti.
Ce ne sono con lettini, video porno e attrezzistica erotica varia perché se c’è una cosa alla quale la finocchia non può proprio rinunciare, anche se nuda e con un asciugamano in vita che copre anche meno di una cinta per i pantaloni, sono gli accessori.
Ma cosa succede appena si varca la soglia d’ingresso della sauna?
Dopo aver pagato un cospicuo biglietto d’ingresso che, se sei davvero infoiato, vale fino all’ultimo centesimo, si viene muniti del necessario: ciabatte, asciugamano, due se la sauna è davvero chic, un lucchetto con chiave per l’armadietto, un preservativo e un lubrificante (omaggio che ritengo del tutto superfluo perché, come ogni estetista professionista vi saprà dire, se il vapore dilata i pori del viso, figuratevi il resto).
Preso il malloppo, ci si sposta nello spogliatoio, ambiente familiare a tutti i ghei che, mediamente, passano metà della loro vita in una palestra e tre quarti di questa negli spogliatoi a vedere se riescono a rimediare qualcosa. Anche in quelli delle saune la cosa è più o meno la stessa. Ci si spoglia facendo attenzione a dare a questa operazione, semplice solo in apparenza, un ché di sensuale. Togliersi maglietta e pantaloni, tanto più se ci sono altri uomini nello spogliatoio e qualcuno, magari, anche carino, non è un’operazione da fare con disinvoltura ma diventa una specie di danza rituale d’accoppiamento dei popoli del sud est asiatico.
Una volta nudi, ci troviamo davanti a uno dei passaggi più delicati dell’intera faccenda: indossare l’asciugamano. Anche questa operazione è soggetta a svariate interpretazioni che rivelano già molto della persona che lo indossa. Da chi ci si inguaina come fosse una microgonna in lattice in modo che ne risalti i fianchi agili e snelli, a chi lo porta più sblusato, per evitare che le maniglie debordino pericolosamente (a quel punto tanto varrebbe andarsene al cinema). Da chi lo mette a filo con le ascelle (anche loro: meglio il cinema) a chi lo indossa a vita bassa, chi con il nodo al lato in modo che scenda trasversale donando una sublime sensualità alla figura (ma eviterei, Carmen Miranda si rigirerebbe nella tomba) e chi rabboccato centralmente come una tunichetta in “peplum muvi stail” che ricorda Sinue l’egiziano. Riguardo invece la chiave del lucchetto dell’armadietto, visto che si è praticamente nudi, immaginerete quanti problemi logistici possa procure. Lo so, ma metterselo li, oltre ad essere fastidioso, risulterebbe anche un tremendo luogo comune e sappiamo bene che, per noi ghei, l’originalità è tutto. Quindi, c’è chi lo attacca alla catenina d’oro della prima comunione che porta al collo o chi, più semplicemente, lo pone nell’incavo dell’asciugamano. Devo però dire che a tutt’oggi la questione del “dove metto ‘sta cazzo di chiave” è ancora aperta e lungi dall’essere risolta.
continua...

E SE LA VITA FOSSE UN PO' PIù SCIAFFOL?


Sono 4 le cose che controllo di avere con me quando esco di casa: le chiavi, il portafogli, il cellulare e l’aipod.
Tra le quattro forse l’ultima è la più importante visto che non vado neppure a comprare il latte senza gli auricolari infilati nelle orecchie. Spesso la musica che ascolto si fonde con il mondo che mi circonda diventandone una perfetta, casuale colonna sonora.
Anche stamattina esco di casa selezionando la mia pleilist preferita.
So che inizierà con Lov tudai di Mikka, seguita da Niu sciuses di Paolo Nutini e via via. E invece, parte Bruci la città di Irene Grandi.
Un attimo di smarrimento. Mi fermo. Controllo lo schermo. La compilescion è giusta ma non la sequenza. Controllo meglio e scopro che l’aipod è in funzione sciaffol. Sto per rimettere la sequenza normale ma ci ripenso e lascio al caso la scelta del brano successivo a quello che sto ascoltando e mi chiedo: può la funzione dell’aipod “sciaffol/sequenza ordinata” essere un ulteriore elemento per conoscere meglio la personalità di qualcuno? Quanti preferiscono sapere in anticipo quello che andranno ad ascoltare e quanti invece preferiscono farsi “sorprendere” da una sequenza che non hanno gestito?
E’ possibile che una scelta tanto banale possa rivelare la nostra intima attitudine alla vita? Calcolatori o fatalisti? Nevrotici o risolti? Furio o Fantoni?
Io sono uno di quelli a cui la rutin dà sicurezza. L’imprevisto mi mette ansia. Forse è anche per questo che non metto mai la modalità sciaffol. Voglio sempre sapere dove vado, sapere cosa verrà dopo, anche dopo il brano che sto ascoltando. Il fascino romantico dell’imprevisto non mi ha mai convinto molto.
Ma se invece, qualche volta, provassi a sovvertire le mie certezze (che poi certe non lo sono quasi mai)? Quelle rare volte che sono stato costretto ad arrendermi all’imprevisto, alla fine, mi sono anche divertito, constatando che, dopo tutto, non era finito il mondo.
Comunque oggi, lascerò la modalità sciaffol.
Si può iniziare anche da una scelta insignificante come quella di spostare una levetta sull’aipod per lasciare al caso la possibilità di sorprenderci.

martedì 24 luglio 2007

GHEI IN UMIDO. PARTE I


Dopo anni di esperienza sul campo, ecco la prima parte di alcune mie considerazioni sui ghei in sauna.

Se alla maggior parte delle persone lo scenario di un cielo cupo, coperto da nuvole cariche di pioggia e un vento freddo che spazza le strade della città può solo far venire voglia di starsene a casa stravaccati su un divano coperti da un caldo plaid di pail sorseggiando cioccolato caldo e guardando un bel film in DVD, per molti ghei questa non è altro che una buona occasione per passare quel pomeriggio tra i caldi e benefici vapori di una sauna.
Va detto che, per molti ghei, passare un pomeriggio intero in sauna vale come ottimo passatempo anche se fuori c’è un caldo da esplosione atomica. Insomma la sauna riesce spesso ad essere il luogo ideale dove andare sempre e comunque. Certo, tutti sappiamo quanto faccia bene a i pori della pelle il vapore di una sauna. Infatti è per questo che ci si va e non certo per curare l’insorgenza di pruriti e fregole, le quali, proprio grazie agli orari d’apertura continuata delle saune (lo ricordiamo, solo nei uic end) possono essere soddisfatte in ogni momento. Perché le saune stanno al desiderio di scopare come i distributori automatici 24 su 24 di sigarette stanno al vizio dei fumatori.
Che sensazione di sicurezza ti dà sapere di poter contare su dei servizi di prima necessità full taim!
Nonostante la loro funzione socialmente utile, le saune godono però di una fama decisamente scabrosa quanto immeritata. Se chiederete in giro quasi nessuno vi dirà di aver mai neppure messo un piede in sauna: “Ma davvero? Mi dici che il portone da cui sto uscendo adesso con la pelle tesa e idratata come quella di una foca è davvero una sauna ghei? Non l’avrei mai detto!”.
Probabilmente, entrando se vedeste qualcuno di vostra conoscenza difficilmente ammetterebbe di essere li davanti ai vostri occhi imputando semmai tutto questo ad una vostra allucinazione dovuta all’alta temperatura della sauna.
Infatti qui, più che in discoteca, più che per strada, più che tra le coperte, è quasi impossibile che qualcuno vi rivolga la parola, anche solo due giorni prima vi eravate lanciati in conversazioni di ore sui massimi sistemi del mondo e vi eravate promessi di diventare migliori amiche per la vita. Qui, vige una delle leggi pilastro sulle quali poggia tutto il mondo gay: quando si deve scopare, meno si parla meglio è.
Ma siccome, molto spesso, è difficile, se non impossibile, non imbattersi in persone che si conoscono e che tutto vorreste meno che testimonino la vostra presenza in sauna, non è raro assistere ad alcune tra le più temerarie tecniche di fuga. Pur di non farsi vedere dal vicino di casa, dall’amico del proprio fidanzato o da quel ragazzo tanto carino al quale la sera prima, pur di intortarselo, si era giurato sulla tomba della propria madre (ancora viva) che “lui non è proprio tipo da saune o dark perché crede all’amore vero”, è costretto a rintanarsi nel bagno turco fino a quando questo non è andato via o fino a che qualcuno, sentendo il rumore di un tonfo sordo, non chiama un’ambulanza per portarlo al reparto di rianimazione.
Molti altri invece, forti della loro identità, delle proprie scelte, delle sicurezze raggiunte solo con il profondo lavorio di anni d’analisi e, soprattutto, costretti del fatto che, tanto, si sono ripassati un numero così alto di ragazzi da non poter più neppure lontanamente pensare di avere una reputazione da difendere, non si curano di chi possa dire cosa e passano il tempo in sauna andando a caccia di uomini a testa alta.
Ora, anche tra i frequentatori delle saune si ripresenta una delle tipologie che più di altre affligge il mondo dei gay: la fenicottera delle paludi.
Ferme, immobili, appoggiate al muro in una posizione statica e assolutamente innaturale volta a mettere in mostra ogni singolo muscolo che dio, le proteine solubili e 3 ore di pesi al giorno gli ha messo addosso. La loro figura descrive una tensione drammatica che prima solo Fidia era riuscito ad esprimere nelle sue statue. Respirando una volta ogni quarto d’ora per evitare qualsiasi rigonfiamento dell’addome, hanno lo sguardo volto all’infinito e, come fossero stati folgorati dallo spirito santo, hanno un’espressione che sembra dire: “Sì sono qui ma solo in corpo mentre la mia mente è rapita da un dialogo tutto interiore sull’immortalità dell’anima. Però visto che ci sono, se qualcuno vuole elevarmi mettendomi una mano sul culo, faccia pure”.
CONTINUA...

lunedì 23 luglio 2007

DA QUANDO LA VECCHIA 42 è DIVENTATA LA NUOVA 38


Qualche settimana fa la bibbia (vanity fair, per gli infedeli) pubblicava un articolo di quelli soliti che si devono scrivere per forza sul pericolo dell’anoressia, sul fatto che le modelle sono sempre più magre, del pericolo dell’emulazione e di tutte quelle fregnacce legate alle diete a cui si sottopongono.
Tra quelle che mi hanno colpito per efficacia, ho letto ella favolosa dieta del cotone. Ovvero ste maledette che già sono giovani, in più sono alte 2 metri e pesano 65 gr non ti vanno pure trovare il modo di dimagrire? beh io le trovo geniali, avventurose, sempre pronte a sperimentare gli ultimi ritrovati della scienza. E siccome si sa che le modelle vengono prese per il loro cervello cosa hanno scoperto per mantenere la taglia – 12? Prendete appunti: cotone imbevuto nell’acqua (le più viziate nella vodka che è calorica ma da almeno un po’ di sostegno).
Colgo quindi l’occasione per dare un altro paio di spunti su come mantenere o ridurre la taglia, tanto più che siamo in piena estate e nessuno aspira ad essere arpionato mentre nuota da una baleniera che ci ha confuso per una megattera incinta.
Quindi ho un paio di metodi di dimagrimento sperimentati da me. Se fatte con cura, non solo assicurano risultati fantastici ma, con un po’ d sforzo, possono diventare un vero e proprio stile di vita. Semplici, studiati per tutti, dalla 12enne alla nonna di 80 anni.
La prima è la dieta del cocomero.
Comprate 15 cocomeri, belli grossi, maturi, di quelli da 12 kg l’uno e ve li caricate in spalla per tutta la scalinata di trinità dei monti o della Ara Coeli (se siete di fuori Roma trovate voi la lochescion ma che abbia almeno 300 gradini).
Ripetete l’esercizio per 13/15 volte al giorno per una settimana. Scegliete come orario esclusivamente il lasso di tempo compreso tra le 12, 30 e le 15, 30 perché è quello che bioritmicamente tra luglio e agosto assicura una maggior perdita di massa grassa.
La sera, per premiarvi dello sforzo, un bel bicchiere d’acqua e, se prima di andare a letto avete ancora fame, ignorate lo stimolo e dormite. Garantiti dai 5 ai 12 kg a fine ciclo.
Non abbiate paura delle smagliature, la dieta come potete immaginare è ricca di liquidi ed è perfettamente equilibrata. In più aiuta la diuresi e regolarizza la pressione.
La seconda che vi propongo, sperimentata personalmente con successo durante il corteo del ghei praid di roma è la dieta del bue.
Mi sono scelto il carro più pesante tra quelli allestiti per la marcia e me lo sono fatto legare diserto con una fune (ovviamente ho scelto quello degli orsi).
Consiglio anche a voi di scegliere una fune bella resistente.
Al via del corteo, con il sole a picco che ti squaglia l’asfalto sotto i piedi e il trucco in faccia, ho iniziato a trainare.
Da piazzale Ostiense a Circo Massimo avevo già dovuto stringere di molto la corda. Al passaggio al Colosseo poi avevo già perso 6 kg per arrivare ad un totale di 12 al raduno in Piazza san Giovanni. Io ve lo consiglio, certo è una dieta che si può fare solo in prossimità di grandi manifestazioni di piazza o se vostro padre è un latifondista e non ha più animali da soma.
Per il mantenimento poi, in entrambe i trattamenti, la risposta è solo una, semplice, inequivocabile: digiunate.

ZIA IDA, L'IMMORTALE.


La serata fuori porta ad Ariccia di sabato sera mi ha riportato alla memoria un ricordo d’infanzia: le visite alla veneranda zia Ida.
Zia Ida in realtà è la zia di mia madre. Una volta al mese quindi si partiva e si andava ad Ariccia per farle visita. Ho ricordi sbiaditi di quei viaggi e un immagine ancora più rarefatta del perchè lei vivesse in una specie d’albergo pieno di suore.
Con gli anni tutto divenne più comprensibile.
La venerabile zia Ida è uno di quegli archetipi familiari comuni a molti.
Zitella, vecchia e malaticcia da sempre.
Da giovane voleva farsi suora ma era talmente cagionevole di salute che, come alla visita militare dei tre giorni, fu riformata (sono convinto che però se si ripresentasse anche adesso che ha 300 anni, con questa penuria di vocazioni la prenderebbero al volo).
Nonostante non le avessero permesso di farsi suora aveva però avuto la possibilità di vivere in questo pensionato per suore, ad Ariccia appunto.
Sull’età, tutta la famiglia ha rinunciato ad azzardare un’ipotesi, diciamo che 2 guerre mondiali se le è fatte e secondo me pure qualcuna d’indipendenza. Me la ricordo infatti vecchia da sempre, così vecchia che anche nelle foto da giovane è vecchia.
La sua specialità è il gioco: “Come stai? Io sto peggio”.
Nonostante abbia seppellito fratelli, sorelle, cognati e nipoti, lei è per antonomasia La Malata, non è pensabile che qualcuno al par suo possa soffrire.
Le telefonate quindi per lo più si svolgono così: “ciao zi’, come stai?”. Con un filo di voce risponde : “E come vuoi che stia (pausa) male”.
Ora qui puoi scegliere, o nascondi il fatto che sei ricoverato in terapia intensiva per una rara forma di polmonite virale e tagliare li l’argomento o confessi. E a quel punto esce il suo spirito competitivo: “Beat’a a te, almeno ti assistono. Io invece c’ho…” e parte una sfilza di malattie dalle sintomatologie più sinistre, che se inizi a grattarti, per quando ha finito la lista non ti ritrovi più un cazzo, scusate il francese, nel vero senso della parola. Come se si aizzasse una partita a poker o rilanci o lasci il piatto dicendo : “ va bene, hai vinto. Stai peggio te”.
A vederla in effetti fa tenerezza. Assomiglia per altezza e un po’ per aspetto al venerabile Joda di guerre stellari. Piccolina, incartata su se stessa su una poltrona, adesso la riconosci solo se in grembo tiene Ciccio, un ciuaua completamente succube di lei con il quale è in contatto telepatico.
Qualche anno fa acquistò un appartamento in Abruzzo, vicino al mare (per i molti che ne ignorano la presenza, sì, l’Abruzzo ha il mare). Quindi tutti i nipoti, a turno, andavano con le famiglie a scrocco da lei.
Tutte le mattine, appena aprivo gli occhi, la prima cosa che sentivo era l’odore acre di broccoletti e cicoria bolliti visto che iniziava a preparare il suo pranzo alle 8 del mattino, altrimenti, secondo lei, se non cuocevano almeno 6 ore, non li digeriva.
Ma la cosa che più mi affascinava di lei era l’abilità nel tombolo, una forma di ricamo con dei legnetti che si intrecciano tra di loro. Restavo delle ore a guardarla e mentre mio fratello era sotto a giocare a pallone con mio padre, lei mi insegnava i rudimenti di questa antica forma d’arte, poi uno dice che non sei frocio dalla nascita.
Zia Ida, la venerabile, adesso la vediamo per le feste comandate quando viene a Roma ospite di mia zia. Quando mi vede accenna ad un laconico sorriso, chiede conferma se sia io o Stefano, mio fratello, e poi, con la tenacia degli ailander, mi chiede quando mi sposso (la stessa mia nonna ha rinunciato a farmi la domanda 15 anni fa).

PORCHETTA, TU M'HAI PROVOCATO E IO TE DISTRUGGO.



Sabato sera all'insegna della tradizione romana l’armata Brancaleone ha deciso di cenare a base di porchetta nelle fraschette di Ariccia. Breve annotazione per i forestieri: Ariccia fa parete dei famosi castelli romani che, essendo in collina regalano frescura agli asfittici abitanti della capitale. Appuntamento alle 20,50 davanti gli studi di Cinnecittà. le prime, Miriam e Ano (dove la prima sconta il dono della propria bellezza portandosi dietro la seconda) si presentano alle 21, 20, gli altri, più elegantemente alle 21,40. Giuro che se lo sapevo facevo un’altra delle cose molto romane: mi prendevo una busta di plastica e mi mettevo culo all’aria a raccogliere cicoria al parco della Tuscolana,
Decidiamo di partire quando ci accorgiamo che nessuno sa bene come arrivare ad Ariccia.
Alla fine, con il democratico gioco della pagliuzza più corta tocca a Tiziana guidare la spedizione.
Credo che per attraversare il deserto guidati da Mosè il popolo ebraico ci abbiano impiegato meno (forse aveva in comune con Tiziana la stessa totale assenza di senso d’orientamento).
Dopo neppure 15 minuti mi telefona Claudio che ci seguiva in macchina il quale, per dare più movimento alla serata decide di sbagliare strada e di prendere il raccordo avendo seguito un’altra macchina. Decidiamo quindi di vederci direttamente alle frasche.
Quindi le due carovane sopravvissute continuano alla ricerca di Ariccia, la terra della porchetta promessa. Alle 22,15 Tiziana chiedeva informazioni ad un passante per la terza volta e io che ero nell’altra macchina non potevo non notare l’espressione contrariata degli informatori e leggendo il labiale si intuiva che ci trovavamo da tutt’altra parte. Nell’ordine quindi abbiamo fatto il tour dei seguenti castelli: Albano, Marino (2volte), Colonna, Genzano (forse anche qui ci siamo passati 2 o 3 volte, non ricordo), Grottaferrata, Nemi e Rocca di papa. Ci scusiamo con gli assessorati di Monte Porzio, Rocca Priora e Lanuvio: promettiamo di perderci la prossima volta anche nei loro comuni, tutti denuclearizzati e tutti gemellati con almeno tre città sperdute nel mondo).
Alla fine, verso le 23 vediamo il meraviglioso ponte di Ariccia sospeso sul nulla. Il paese è nu biggiù, andateci se vi capita, ma se avete un satellitare o non siete in macchina con Tiziana è meglio.



Mezz’oretta per trovare parcheggio e per raggiungere il grado di fame di Pannella all’ultimo giorno di uno dei suoi digiuni ed eccola la: la fraschetta!!



Mosso a compassione dio ce ne fa trovare una con una bella tavolata per dieci, quanti ne eravamo.
Per fortuna che qui ci si viene per il fresco! Ci saranno stati 70° causati dalla’arrostimento di generazioni intere di maiali. Arriva la cameriera che ci chiede di ordinare con calma perché “scusateme ma sto a lavorà come na negra e so un po’ rincojonita”. Le alleggeriamo il lavoro con la tipica comanda da fraschetta: “Fa un po’ te!”
Francamente neppure so cosa c’ha portato. Mangiavamo troppo più rapidamente che la luce, rifrangendo sul cibo, facesse arrivare agli occhi la propria immagine (che a Ariccia si sia superata per la prima volta la velocità della luce?)
Poi arriva lei, la regina dei castelli: la porchetta.
Calda e morbida, rassicurante immagine della mia infanzia, quando venivamo con la mia famiglia a trovare la Venerabile zia Ida (zia di mia madre di cui parlerò presto). Un sapore che rievoca il passato come le madlen di quell’altro ricchionazzo di Prust (acchè non si creda che non abbia un minimo di cultura).
Vino a fiumi, cazzate a torrente e foto come alla premiazione degli Oscar.



Con la panza piena ce ne torniamo alle macchine e scendiamo verso Roma. Questa volta niente smarrimenti, solo traffico e rutti a base di porchetta e vinello dei Castelli.
PS: "PER CHI SA CHI", QUANDO VUOI LA PORCHETTA CI ASPETTA.

venerdì 20 luglio 2007

LA FINESTRA SUL CORTILE



ecco cosa vedo se guardo oltre il vetro della mia stanza d'ufficio. Più che un collega, una Musa.

Mikka cantano tutti così?!



Mi piace molto. Me l'ha segnalata un amico (?) di Milano. Dovreste conoscerlo: carino e divertente (spesso preiterintenzionalmente :) )
Ascoltatelo tutta la settimana, tre volte al giorno, poi esprimete un desiderio. Magari non si avvera ma almeno avete sentito una canzone carina.

SI SCRIVE EROTOMANE SI LEGGE CAZZARO.


Siamo all’interno di un vagone della metropolitana. E’ estate, ma fosse anche gennaio farebbero lo stesso 45° con tasso dell’umidità del 90%, manco stessimo a Caracas in pieno Agosto.
Come al solito c’è una media di 600 persone per centimetro quadrato. Gente aggrappata ovunque. La legge di gravità qui non esiste. Ci sono passeggeri aggrappati anche sul soffitto. Sembra una versione umana di Tetris. Come la storia del battito d’ali della farfalla in Spagna che può causare una tromba d’aria alle Bermuda, se uno muove un braccio all’inizio del vagone causa una compressione polmonare al tizio dall’altra parte del convoglio.
Come per le tettoniche a placche non sai neppure te come sei finito davanti alle porte. E’ il posto più pericoloso perché sai che all’apertura dovrai aggrapparti con tutte le tue forze al paletto visto che ti troverai tra due flussi disumani che cercheranno si entrare e d’uscire, con la stessa grazia dell’eruzione di un vulcano.
Le porte si aprono. Vieni investito dalla fiumana. Centinaia si persone ti strusciano, sudaticcie. In un secondo sei ridotto come il rotolone asciugamano dei cessi di un autogrill. Cosa pensi? “Accidenti, sono davvero irresistibile! Tutti questi che fanno ressa solo per toccarmi. Ma cos’avrò di così seduttivo?”
Ecco cos’è un erotomane. Uno convinto che se per caso ti chiedono “scusi, che ore sono?” in realtà è un tentativo di rimorchio. E, non so quello etero, ma l’ambiente ghei è pieno di erotomani, che io preferisco definire, con un ragionevole sincretismo descrittivo: cazzari.
Ognuno di noi credo ne conosca qualcuno.
In spiaggia nessuno ha occhi che per lui. Lo guardano, lo scrutano, lo desiderano. Ma non sarà che quegli sguardi attoniti sono dovuti semmai al costume che indossa, il più ridicolo che si sia mai visto su un patrio lido?
L’erotomane, non sto neanche a perder tempo a sottolinearlo, attira gli sguardi solo dei boni. Se un cesso che lo guarda, ci deve essere un errore, forse sta guardando qualcun’altro.
Ovviamente è quello che ha fine serata ha le tasche piene di biglietti da visita e messaggi scritti sulle salviette, imploranti di essere richiamati a qualsiasi ora. Ed è sempre lui quello che viene fermato ogni 2 passi da orde di ragazzi pronti a sfidarsi in singolar tenzone per conquistasi un solo suo sguardo. Ma, la cosa sorprendente è che tutto questo capita solo in assenza di testimoni oculari. Per tutto il tempo che stai accanto a lui, non capita assolutamente nulla. Appena ti allontani 3 minuti per andare al bar, si scatenano scene d’isteria che non si vedevano dallo sbarco dei Bitols in America.
Se l’erotomane entrasse anche in un ferramenta, con il commesso etero come un minatore irlandese di fine ‘800, di quelli che i finocchi li ha visti solo nell’insalata, sarebbe convinto che, prima o poi ci proverà con lui.
E così appena gli chiede: “In cosa posso esserle utile”, nella mente del erotomane questo diventa un chiaro segno di rimorchio.
“Le occorre una tenaglia? Vediamo un po’...“
Sì, si, è evidente, sta flirtando con lui.
E poi il colpo finale che decreta il successo del rimorchio: “Paga con carta o bancomat?”. Beh, più esplicito di così!
Ma, alla fine, l’erotomane (o cazzaro, ripeto) è stanco di questi continui assalti erotici, decide di non dare altro spago e se ne va, soddisfatto del suo ennesimo successo amoroso.
E poi so’io il matto.

mercoledì 18 luglio 2007

MEGLIO GHEI CHE DROGATO




In genere si sente dire il contrario. Meglio gerarca nazista scampato al processo di Norimberga che ghei.
Allora proviamo invece a dire perché è meglio essere omosessuali che non esserlo. Io ho trovato alcune motivazioni. Chiunque ne trovasse altre le può aggiungere nei commenti.
Sarò lieto di implementarle.

1.
Entrare negli spogliatoi degli uomini delle palestre e guardarli nudi senza che nessuno ti dica nulla.
E’ davvero una goduria. Basta però non fare lo sguardo di chi non ne vede dalla caduta del muro di Berlino.
Potrebbe arrecare imbarazzo o un occhio nero.

2.
Puoi fare la pipì in piedi (in comune con i maschi etero) praticamente ovunque e in ogni momento evitando quelle scene imbarazzanti a cui sono costrette le donne che, spesso al limite della sopportazione, le trovi accovacciate tra le macchine parcheggiate.

3.
Buon gusto e sesnibilità artistica anche se ne sei totalmente privo.
Pregiudizio, del tutto immotivato, che solitamente hanno gli etero nei confronti dei ghei. Ora non perché il 90% degli stilisti sono ghei questo significa che, per un’inspiegabile proprietà transitiva, abbiano gusto anche gli altri. Anzi a volte la temerarietà e la totale assenza di pudore ci spinge a vestirci come se fossimo frutto dell’incubo di un pervertito.

4.
Sensibilità anche se ne sei privo.
Il più grande dei pregiudizi, per lo più attribuito ai ghei dalle donne etero (soprattutto se frociarole) che mi devono spiegare sta sensibilità dove la trovano. Se c’è un essere cinico e spietato è proprio l’omosessuale. Datemi retta: se un ricchione mostra sensibilità, finge.

5.
Educazione e raffinatezza dei modi.
Si certo. Con il mio ragazzo compravamo la bottiglia da 2 litri di Coca e facevamo la gara a chi faceva il rutto più lungo. E non eravamo mosche fucsia nell’affettato mondo dei ghei.
Per la cronaca: ho visto ricchioni dare fuoco alle scuregge (peti, per i non romani) con gli accendini. Sì, molto di classe.

6.
Le feste sono più divertenti.
Non c’è niente da fare. E’ così. Io alle feste degli estero ci vado e sono noiose. Lo riconoscono gli etero stessi. Poi se per caso, e dico per caso, spunta una parrucca il gioco è fatto. Non sapete come possa svoltare una serata la presenza di un baschetto dorato.

7.
Addurre la causa dell'umoralità alla difficile accettazione della propria omosessualità.
Io la usavo pure per giustificare le impreparazioni scolastiche.
E se qualcuno obietta, puoi sempre dargli dell’omofobo. Magari non sa osa significa ma funziona.

8.
Non dover fare sesso con una donna.
Soprattutto per me. Io infatti mi ritengo un “puro”. Mai vista, mai toccata. Per me poi le donne sono come i cinesi: non le distinguo. Certo mamma, le parenti più prossime e qualche amica, ma niente, proprio non mi entra in testa la loro fisionomia.

9.
i ghei sono tutti belli.
altro luogo comune che a noi ci fa gioco e che, ovviamnte non è vero. come per il buon gusto, il fatto che molti modelli abbiano le chiappe chiacchierate non significa che la bellezza sia una grazia condivisa. Per i più scettici consigliamo un giro al pub caming aut in una sera qualsiasi della settimana. sembra di trovarsi al fianco di Daruin alla scoperta delle incredibili specie animali che popolano le isole Galapagos.

10.
i ghei sono più acculturati degli etero.
la solfa è sempre la stessa: non è così. Salvo rari casi di omosessuali dotati di intelletto, per la maggior parte avere tra le letture preferite le targhette per il lavaggio delle magliette o i minuti di posa della tinta per capelli non li pone certo nel gruppo dei topi da biblioteca.

11.
Hanno più possibilità di fare sesso.
se sono liberi scopano con chiunque. se sono accoppiati scopano con il loro ragazzo e, se dio vuole, anche con i ragazzi degli altri ragazzi.

VANITY ELKAN




Se c’è una cosa che il mercoledì mi spinge a buttarmi giù dalla piccionaia (il mio letto a soppalco che, d’estate vi dico che piacevole fornace diventa) è sapere che in edicola mi aspetta Vanity Fair.
Quindi ecco una prima sfogliata superficiale della “bibbia”.
In copertina, forse per la 35esima volta solo negli ultimi 2 anni c’è lui, l’amico di Patrizia: Lapo Elkan. Nell’ultimo mese è stato praticamente ovunque, su le copertine di tutte le riviste (tranne Rakam) e in tutti i servizi televisivi (tranne Medicina 33 di Luciano Onder, forse…).
Questa settimana vi segnalo che potete trovare Lapo anche su la copertina del Bollettino Salesiano, al posto della statua equestre di Marc’Aurelio al Capidoglio e tra gli ingredienti dei Pangocciole del Mulino Bianco.
Qui invece lo ritroviamo per un’ennesima intervista esclusiva in cui continua a proporci il suo nuovo marchio Italia Independent che in oltre un anno di attività ha sfornato ben 1 prodotti. Un paio di occhiali in fibra di carbonio che costano quanto il pacchetto di maggioranza della Fiat.
Devo dire che l’intervista mi intenerisce, soprattutto quando parla di Martina Stella e del suo amore sincero per lei. Si vede che ha sofferto parecchio, al punto di essere uscito una sera con Linsey Loan (non io, quella vera) solo perché gliela ricordava (in effetti solo un forte dolore amoroso può portare a fare la cazzata di uscire con quella coatta smutandata della Loan).
Sempre nell’intervista ci toglie un peso dal cuore affermando che, benché trovato quella fatidica notte in compagnia del cast completo di Priscilla, la regina del deserto, lui non è ghei non gli piacciono i trans, quindi ragazzi, annullate tutti gli appuntamenti dai chirurghi plastici per la riconversione sessuale.
E poi, la confessione. A dire il vero mi chiedo come mai non fossero trapelate indiscrezioni e soffiate già nei giorni precedenti in concomitanza del lancio dell nuova 500.
Sì, Lapo finalmente lo ammette: “Di solito prendo il sole, ma può capitare che faccia una lampada e non mi vergogno a dirlo”. No, ditemi se questa è una dichiarazione degna di essere pubblicata. Manco avesse rivelato i mandanti dell’omicidio di Kennedy o avessi rivelato la vera età di Gina Lollobrigida (mica avrete creduto alla bufala dei suoi 70 anni?). E rincara la dose con quella che più che una dichiarazione io descriverei come un Satori, un’illuminazione da budda che mi sono già fatto tatuare sul petto: “Io penso che si possa lavorare ed essere abbronzati e felici”.
Ma andiamo avanti.
La sorpresa più grande l’ho avuta a pagina 64. Hanno cambiato la foto della mia adorata Ljuba Rizzoli! Sì, un ritratto nuovo di zecca in cui lei viene sorpresa da uno scatto improvvisato mentre sorseggia un frappè alla fragola. Una foto semplice e naturale a testimonianza che, benché segregata sempre li in costa azzurra, lei con i suoi brilli e le sue cene con Carolina di monaco, resta una de noi.
Sorvoliamo su interviste inutili, articoli poco interessanti e concentriamoci sul problema del secolo: la ormai affaticata madre terra. VF america ha commissionato a Anni Leiboviz, che ormai la pagano a chili di foto scattate, (lei scatta tutto, anzi , se avete nipoti che devono fare la comunione o avete bisogno della foto per il rinnovi della patente, lei è disponibile) dei ritratti di gente di Hollivud come multicopertine per la versione americana della bibbia. Tra queste poteva mancare madonna? Vi giuro, non è una foto ma un affresco, credo che il blec aut della costa est degli stati uniti dello scorso mese sia stato causato dal potenziamento di fotosciop necessario a far sembrare Esterina una ragazza di 12 anni. In un altro scatto troviamo il cardinale o vescovo (non li distinguo) Desmon Tutu, che qui sembra Monsignor Milingo mentre cerca di esorcizzare bred pitt espressivocome una statua di Madam Tusso.
Vi lascio con l’ultima segnalazione. Un servizio su come si prepara il bagaglio perfetto, e qui il culo mi rode dal momento che io al massimo quest’estate mi preparo uno zaino per prendere il trenino che porta da stazione Ostiense a Ostia in quello che sembra un viaggio della speranza. Tre suggerimenti di altrettanti archetipi di viaggiatori. No, non sono l’antropologa, l’etologa e l’avventuriera. Ma veri animali da viaggio: la stilista, la sportiva e la sciogerl. E solo leggendo il nome di quest’ultima che capiamo cosa cacchio faccia Sara tommasi. La sciogerl, appunto. La quale ci fa sapere che d’estate prende anche un aereo al giorno e per non fare pubblicità ci dice che usa un trollei semirigido di LV. Va avanti dicendo che è costretta a piegare i sui vestiti come origami per farli entrare in valigia (immagino quanto sia complicato piegare minigonne lunghe come cinte e i reggiseno di Barbi). Consiglio finale della Tommasi da una che le valige le sa fare: fare la valigia a tranche: si rischia di scordare qualcosa: Ma dai!?!?!

martedì 17 luglio 2007

CHI NON VIENE AL CONCERTO E' UN SATANASSO!!



Come dice sempre mia madre: “sai perchè la vecchietta non voleva mai morire?” Esatto: per continuare a scoprire le assurdità della vita.
Pare infatti che mi sia perso a gennaio l’ "ECCEZIONALE PERFORMANCE DEL GRUPPO ROCK CRISTIANO "I KRISALIDE", AL PIME " (no, non so che cacchio sia, forse un santuario deldicato a Giuda ballerino protettore delle groupies).
Communque secondo questo gruppo di rocchettari, i cui dischi, pare, se suonati al contrario facciano sentire tutte e tre i misteri del rosario recitati da Orietta nei Panni di Suor Felicità, Musica, rock e cristianesimo possono insiemme “trasmettere un messaggio cristiano a ritmo di rock”. E continuano: “Non è vero che quest'ultimo è sinonimo solo di ribellione e violenza ideologicala”, nooo, infatti Gimmi Endrix era famoso per distribuire pasti caldi nei centri dell’Esercito ellla salvezza e Ozzi Osborn l’estate la passava in Sardegna ad aiutare le tartarughe Caretta caretta a dischiudere le uova.
Comunque sti Krisalide, hanno scelto il rock "per parlare all'uomo del nostro tempo, un uomo spesso alla ricerca della propria identità, un uomo che cerca ma non trova e soffre (che è più o meno quello che dico io uscendo alle 8 del mattino strafatto per giustificare i miei raschi del barile nei locali più fetidi della Capitale).
Ma andiamo avanti: "Il rock è sempre stato considerato un genere dissacrante e trasgressivo, spesso collegato, a volte a ragione, a gruppi e sette di stampo satanico, eppure tanto nei testi quanto nella struttura armonica delle sue composizioni o nella carica travolgente della sua ritmica vibra un anelito di spiritualità che può trovare un contenuto preciso all'interno della tradizione cristiana". Temo a questo punto che qualcuno da piccoli gli abbi afatto chredere che la colonna sonora dellApe Magà fosse rock duro. 
"Il nostro ispiratore musicale è da sempre Lenny Kravitz" (altro noto membro del gruppo “Chierichetti Oggi”) dice
il leader dei Krisalide, al quale nessuno ha ancora detto di avere in coproprietà il nome con una delle associazioni di transessuali più famose d'Italia. "Lenny è uno che non ha paura di manifestare la propria fede nelle sue canzoni, di parlare di Dio Padre e di Gesù Cristo suo Figlio, della fatica di vivere e di cercare" soprattutto tra le mutande di qualche fan che è andata a sentirlo in un concerto.
E sempre tornando al caro Rock pare, e io giuro non me ne sono mai accorto, "nei testi quanto nella struttura armonica delle sue composizioni o nella carica travolgente della sua ritmica vibra un anelito di spiritualità che può trovare un contenuto preciso all'interno della tradizione cristiana".
Comunque non so voi, ma io a pausa pranzo vado da Messaggerie a cercare un loro disco. Magari nel buclet ci trovo anche le orazioni vespertine e un cilicio in uno degli splendidi colori moda dell'estate.

A riprova che sono matto ma non visionario: http://www.krisalide.com/

lunedì 16 luglio 2007

MESSICO SOTTO LE NUVOLE ovvero il compleanno di un cino-franco-messico peruviano


Sabato sera Oscar, il mio coinquilino cino-franco-messico-peruviano, ha compiuto contemporaneamente il compleanno e il decimo anniversario del suo sbarco in Italia.
Per l'occasione ha quindi deciso di sfruttare il neo ristrutturato terrazzo condominiale per utilizzare il quale ha dovuto indire un secondo congresso di Vienna con gli altri condomini, stringendo alleanze con alcuni inquilini e suggellando un patto vergato a sangue (promettendo di sbaraccare entro le 11) con lei, la temutissima inquilina dell'ultimo piano che non solo abita sotto il terrazzo, che non solo c'ha una certa ma ha l'aggravante di avere un figlio disabile (per la teoria che i fulmini non cadono mai nello stesso punto).
Fortunatamente, pur avendo sforato, non ci siamo ritrovati la milizia di Saddam Ussein pronta a metterci alla forca. Anzi, andando via l'abbiamo vista tutta pimpante al terrazzino di sotto fumarsi una sigaretta con un'amica.
Certo il terrazzo non sarà quello delle fendi che da sul foro romano, ma il paesaggio urbano che si gode da qui, non è affatto male. Con un giro di 360° ti becchi il cimitero del Verano (grattata), un pezzo di basilica di San Lorenzo, i terrazzi (abusivi) di San Lorenzo, la soprelevata della tangenziale da dove Fantozzi si lancia per prendere l'autobus e, se il cielo è limpido e terso, anche li castelli.
La serata ha visto una guest star: mia madre.
Nel momento in cui l'ho invitata mi sono contemporaneamente pentito, andando con la mente a chi altri sarebbe venuto, uno tra molti Scrappy. Ma, come vedete, alla fine si sono trovati (la cosa in effetti mi dovrebbe dare da pensate).











Ma supe guest star: la sconosciuta.

Arrivata insieme ad altre mie amiche credevamo fosse una loro imbucata. Solo dopo un’ora mi chiede "ma dov'è Chaterine?". "chi scusa?". "ma non è la festa d'addio dei ragazzi Erasmus?" E' in momenti come questi che vorresti vivere in un realiti sco' dove tutto viene filmato. "scusa ma non è via XXX 69?" E già le si leggeva l'imbarazzo sul volto. "no, è il 68". Alla fine catturata dagli eventi e da un paio di noi che l’hanno presa letteralmente in ostaggio la ragazza è restata fino alla fine, sfanculando Chaterine e tutti quei fancazzisti del programma Erasmus.
Ecco altre foto della serata. Buona visione.



venerdì 13 luglio 2007

Herry Potter 5, o 3, oppure 4, boh...


Partiamo dal presupposto che, in effetti, l'ultimo spettacolo non aiuta mai a meno che non stiano proiettando “300” o il bec steig della realizzazione del calendario "Le die du stad".
Diciamo pure che solitamente mi vado a vedere tutte le puttnate dove la spesa in effetti speciali sia almeno pari al debito nazionale di uno stato sudamericano qualsiasi. Mettiamoci pure che io i libri di HP li ho iniziati tutti (e terminato nessuno) con la speranza di recuperare il fanciullino che è in me ma che in realtà li ho sempre trovati avvincenti come l’atlante
stradale dell’autostrada del sole.
Ma io 'sti film, ormai ben 5, mica li distinguo!
La trama a me sembra sempre la stessa: ragazzino sfigato con incredibili doti magiche viene reclutato nella scuola di
"avessi-mai-capito-come-cazzo-si-scive" dove impara le arti magiche e dove alla fine si scontra sempre co' sto mostro che non ho capito se si chiama l'Innominato (ma quello mi pare dovrebbe essere un altro racconto) o “Colui che non deve essere nominato” (appellativo in multiproprietà con il mio ex e
quello di qualcun altro), un mago cattivissimo che pare abbia preso una padellata in faccia. In quanto ad alleati, al nostro Erri, je dice davvero pedale (ndr: Sfortuna, per chi mi legge da fuori il Grande Raccordo Anulare). Infatti al suo fianco ha Ermione, una secchiona che darebbe l'urto di nervi anche alla buon anima di Teresa di Calcutta e uno, se possibile, più sfigato di lui (tanto sfigato che neppure ricordo il nome) il quale, per unire al danno la beffa è pure roscio!
Comunque sia, ogni volta il nostro maghetto tutto pepe riesce a scampare agli attacchi di Belfagor (no, mi sa che pure questo è un altro cattivo di un altro racconto).
Ora ste tre righe di trama moltiplicatele per 5 film ed scoprirete la ragione della mia confusione.
Ma in tutto questo la vera magia sta nell'attore protagonista che, premetto, io comunque me lo farei: Daniel Radcliffe.
Infatti in 6 anni di riprese ha fatto uno sviluppo fisico pari a quello di un Umpalumpa (ndr: assistenti gnappi di Willie Wonka): 1 cm l'anno. Quindi arrivato alla soglia dei 18 continua ad essere nano come le atlete rumene degli anni '80 (sospetto medesimo inibitore della crescita per mantenere credibile il personaggio).
La cosa che più mi urta è che poraccio in 5 anni non è riuscito a
conquistarsi la fiducia di nessuno. Va in giro cercando di provare l’esistenza di “quello senza un nome” e nessuno gli crede, anche quando lo vedono con le mani del cattivone avvinghiate intorno al collo (la stessa cosa succede a me: quando raramente mi capita di rimorchiare, nessuno mi
crede. Per questo da un po' ho iniziato a farmici le foto con quotidiano in evidenza).
ma la cosa che fa più pena è vedere due attrici bravissime come Elena Bonam-Carter ed Emma Tompson, una attrice feticcio di Aivori l'altra vincitrice di un oscar per la sceneggiatura, relegate a semplici figuranti al minimo della paga escluse pure dalla distribuzione dei cestini durante le pause pasto.
Staremo a vedere il 6° e il 7° quali nuove incredibile avventure ci regaleranno. Azzardo un’ipotesi. Le trame potrebbero iniziare con: “ragazzino sfigato con incredibili doti magiche viene reclutato nella scuola di "avessi-mai-capito-come-cazzo-si-scrive" dove impara…

PS: finalmente però un mistero in questo episodio viene svelato. Le
bacchette magiche, che non mi pare nelle puntate precedenti fossero servite
a molto, in questo mostrano il loro vero potere: sono delle torce elettriche
che si accendono in punta! Utilissime se vi perdete nel buio del Salone dei
Misteri o se salta la luce a casa e dovete cercare l'interruttore del
contatore.

PS2: HP da il suo primo bacio. Non ad una ragazza ma a una cinese che poi fa la spia e, non essendo figlia di Maria ne figlia di Gesù, sparisce senza lasciare tracce.

giovedì 12 luglio 2007

LANANA FENICE

Lo so, non è originale essere ghei ed impazzire per KM ma come si fa a non adorare l'ennesimo, inutile, scloglibacino singolo dell'Austranana?!

grazie a dio è mercoledì! Vanity è in edicola!!


E non no dico perchè mancano solo 2 giorni all'inizio del fine settimana (lo so fa tanto "sindrome dell'impiegato" ma, di fatto quello sono e non è neppure la parte peggiore di me) ma perchè esce Vanity Fair.
Effettivamente preferivo l'uscita il venerdì perchè mi dava più la sensazione di giorno di festa, un po' come il profumo di cornetti caldi la domenica mattina, ma anche come intermezzo per spezzare la monotonia della settimana, va benissimo!!
Sono a mio avviso i migliori euroesettanta che si possano spendere oggi. Anzi, più che una spesa io lo definirei un investimento. Non solo ti aggiorna sui fatti più importanti della settimana, ma regala preziosi consigli. Senza Vanity non avrei mai potuto scoprire che il colore moda dell'estate è il viola o che uno zeppolo d'astice da Don Alfonzo a sant'Agata sui due golfi me la porto via con soli 120 Euro.
Personalmente il costo della rivista l'ammortizzo fino alla fine. Apparte il fatto che me lo leggo tutto, compreso le lettere a Mina (mi chiedo in effetti come possa venire ad una persona sana di mente di chiedere consigli a Mina: per carità, grande voce, ma delle risposte algide e sferzanti che neppure Ildegarda, regina dei ghiacci perenni di Hasgaard darebbe) ma io lo uso e lo consiglio anche come Grande Libro Delle Risposte. Se ho un dubbio, un incertezza o voglio vaticinare il futuro, apro una pagina a caso e su quella, posso stare sicuro che troverò una risposta ai miei dubbi. Due sono le cose: o ha un potere davvero magico o sono io davvero matto in culo visto che uso allo stesso modo anche Confessioni di un'ereditiera di P. Hilton.


Direttamene dall'indice di VF suggerisco agli eventuali neofiti di non perdere MAI, per nessun motivo le seguenti rubriche:
la Rubrica Barbarica di Daria Bignardi che si vede che lo scrive per pagarsi il mutuo della casa a Caparbio m,a je piasse un bene, se scrive bene.

Le pubblicità sparse di L'Oreal che ogni settimana se ne esce con un prodotto per contrastare segni del tempo che intaccano parti del corpo che non pensavi di avere.

La Settimana in 5 Minuti. Lo ammetto e contraddico quanto scritto prima ma non me lo sono mai coperto. Forse è interessante, dovrebbe trattare cose noiosissime come i fatti politici mondiali.

Vera punta di diamante: Ici la cote: i vaneggiamenti di Liuba Rizzoli che scrive da qualche clinica psichiatrica dalle parti della costa azzurra.

Viaggistyle: una specie di lonely planet a 500 stelle che può essere presa seriamente in considerazione solo se siete amministratori delegati di: Telecom, Fiat, Benetton o Apple.
Foto di location da cirrosi epatica. Guardare con attenzione.

Vanityoroscopo: ovviamente la tentazione di avere previsioni sulla settimana è sempre molto forte ma non tanto quanto il malditesta che ne scaturisce dallo sforzo improbo di interpretare lo stile di Antonio Capitani.
Pare la Pizia in preda ai deliri causati da qualche radice allucinogena masticata per dare responsi.

frociarole


Se foste una ragazza, giovane, single con gli ormoni funzionanti e vi trovaste a decidere cosa fare sabato sera, non trovereste normale andare a bere una cosa nel bar più vicino ad una caserma di militari di leva o, per le più fortunate che vivono sulle coste, in qualche pub di quarta pieno di marinai appena sbarcati da una battuta di pesca di due mesi nel mar del nord?
Se invece il week end, e non dico un ma tutti quelli che dio manda sulla terra, preferite passarlo in un locale gay insieme ai vostri amici gay, circondate da gay allora è preoccupante. Infatti non siete lesbiche, magari. La diagnosi è di gran lunga peggiore: siete delle frociarole.
La razza, benché sconosciuta al di fuori del mondo gay, è diffusa ovunque. Gli anglosassoni le chiamano fag hag, noi, appunto, frociarole ma la sostanza è la stessa: donne con chiari disturbi psichici. D'altro canto cosa spingerebbe delle femmine sane di mente ad andare in discoteche pullulanti di uomini che preferirebbero leggere la biografia del colonnello Giugliacci piuttosto che rivolgergli uno sguardo interessato?
Ovviamente, come in tutte le patologie, ci sono gradi diversi di aberrazione.
Più sono gravi, più sono insopportabili. Nei casi peggiori la simbiosi con i loro amici gay è totale. Diventano le migliori confidenti, soprattutto dal punto di vista sentimentale, anche se non si capisce bene cosa ne sappiano visto che nella loro vita hanno visto più eclissi che uomini nudi. In effetti, il termine più adatto per descriverle, se fossimo un po' meno politicamente corretti ma sicuramente più precisi, sarebbe quello di sfigate. Sì, spesso, diciamocelo, le frociarole frequentano i gay perché ragazzi, del genere a cui piacciono le ragazze, non se le filano. Non occorre quindi scomodare Freud per descrivere una dinamica abbastanza lampante descrivibile in tre semplici passaggi: "te la darei, non la vuoi? Ok, me la tengo". E così, amareggiate e inacidite, proiettano molto spesso la loro frustrazione sentimentale sui loro amichetti gay e, come spesso accade, afflitte dalla sindrome del "io ti salverò", finiscono per innamorarsi di gay che almeno se non glielo danno hanno una scusa più tollerabile.
Ma insomma, non sarebbe meglio lavorare per avere una vita propria?
In fondo basterebbe una dieta da 1000 kalorie al giorno, un sapone adeguato per pelli grasse, un giusto abbinamento di scarpe e borsetta e il gioco è fatto. In fondo, si sa, al maschio etero, basta davvero molto poco per essere abbindolato.
Spesse volte mi è capitato di incontrarle in discoteca. Un po' alticce (il più delle volte basta anche una ciliegia intinta nel maraschino per far perdere loro il controllo), si lanciano sul primo malcapitati omosessuale avvinghiandolo in imbarazzanti balletti pelvici degni della migliore Lola Falana dei tempi d'oro del Jackie O'. E puoi star sicuro che prima che crolli in coma etilico pronuncerà la frase più tipica delle frociarole. Guardandoti con lo sguardo maliardo da gattona ipertrofica esclamerà un po' biascicando: "Cazzo, perchè i più belli sono tutti gay. Che spreco". Ed è li che mediamente ringrazi Dio di averti dato una madre autoritaria e un padre assente, gettandoti così sull'altra sponda

Da tor de'schiavi a Torre del Lago

Con discreto ritardo, ecco una selezione di foto del we del 29 giugno a Torre del Lago. Incuranti del L'Europride di Madrid, un raduno alla buona tra un paio di milioni di ghei (da oggi ricchione si scrive così!!) noi siamo andati in questa ridente località della Versilia famosa per il Festival Pucciniano e per la vivace vita ghei. indovinate per quale dei due motivi siamo andati?
Beh, per non farci mancare nulla, abbiamo prenotato proprio in concomitanza della settimana Ursina (gli Orsi sono ghei in sovrappeso che per non essere chiamati semplicemente OBESI si riciclano come sottogruppo omosecs). Gli unici capaci di contrastare anche il sopraggiungere di uno tzunami con un solo tuffo di gruppo in mare.
L'armata di brancaleone era composto da: me, Clacclo, Fabbietto, Miria e, la mejo de tutte ANO (al secolo Noa, ma così non ce la chiama manco la madre....).

WE passato tra: contrazioni addominali da spasmi di risate, ex fidanzati come piovessero, incursioni in lecciona (la pineta degli orrori, refugium peccatorum del rimorchio delle 5 del mattino), il meglio (o peggio a seconda) della musica pop e milanesi in trasferta (solitamente simpatici come un avviso di garanzia emanato da woodkoc"comecazz'siscrive" ma in un piacevole stato di grazia.